Corriere della Sera - Sette

Sul palcosceni­c0 della

Un’inedita opera che Nicolò di Liberatore dipinge con un ritmo teatrale, accentuand­o il patetismo nell’abbraccio della Vergine dolente al figlio

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Tra le personalit­à più vigorose e coltivate della pittura umbra di metà Quattrocen­to, prima che essa mostri i suoi caratteri nel classicism­o devoto di Pietro Perugino, vi è certamente Nicolò di Liberatore detto l’Alunno. L’appellativ­o di Alunno, creato da Giorgio Vasari ( 1568), deriva da un equivoco nella lettura della firma sulla predella ( Parigi, Musée du Louvre) del polittico già nella chiesa di San Nicolò a Foligno: « Nicholaus alumnus / Fulginiae, patriae pulcra corona suae » . Con essa l’artista dichiarava orgogliosa­mente i propri natali e la discendenz­a dalla scuola pittorica folignate. La prima opera firmata è laMadonna in adorazione del Bambino, tra angeli, e i Santi Francesco e Bernardino ( Deruta, Pinacoteca comunale), datata 1457. La tavola documenta la dipendenza di Nicolò da un dipinto di Benozzo Gozzoli ( oggi a Vienna, Kunsthisto­risches Museum), già in San Francesco a Montefalco. Oltre a Gozzoli, Nicolò dimostra una meditata conoscenza del Beato Angelico. I rapporti con l’Angelico si vedono anche nella tavola bifacciale formata dalla Sant’anna metterza del Metropolit­an Museum di New York e dal San Michele dello University Art Museum di Princeton. Seguono il polittico già sull’altare maggiore della cattedrale di San Rufino ad Assisi ( oggi esposto nel vicino Museo), firmato e in origine datato 1462, e il gonfalone su tela per la confratern­ita di San Crispino ( Assisi, Pinacoteca comunale). Con Pietro di Giovanni Mazzaforte dipinge il polittico per la chiesa di San Francesco a Cagli, datato 1465. L’ancona, conservata quasi integralme­nte presso la Pinacoteca di Brera a Milano, è la prima importante commission­e per le Marche. Nel 1466 Nicolò dipinge il grandioso polittico per la chiesa di Sant’Agostino a Montelparo ( Pinacoteca Vaticana) e nel 1468 il pentittico per il duomo Vecchio di Sanseverin­o Marche ( ora nella Pinacoteca comunale). In queste opere si avverte l’evoluzione dello stile dell’artista verso un plasticism­o sempre più risoluto, con effetti di imprevedib­ile realismo. Poco dopo Nicolò inizia il polittico destinato all’altare maggiore della chiesa di San Francesco a Gualdo Tadino, firmato e datato 1471. Il polittico della collezione Albani a Roma, detto (olio su tavola, cm. 45x45).

datato 1475, contiene i primi indizi dell’influsso di Andrea del Verrocchio: si potenzia il linguaggio dell’artista, aperto a continui aggiorname­nti, con sempre maggior insistenza sui valori plastico- lineari, come si vede nel trittico del 1480 per la chiesa di San Venanzio a Camerino. Il registro maggiore con la Crocifissi­one e quattro santi è oggi nella Pinacoteca Vaticana, mentre due cuspidi, i pilastri laterali e la predella sono divisi tra il Musée du Petit Palais di Avignone, il Museum of fine arts di Boston e una collezione privata. Si impone una nuova carpenteri­a, più elaborata, ripresa prontament­e da Carlo Crivelli, con cui Nicolò è in dialogo continuo. È di questo momento l’inedita Pietà ( olio su tavola, cm. 45x45), di plateale espression­ismo, riapparsa in collezione Ponti a Bastia Umbra. Si tratta della terza versione conosciuta, e di più alta qualità, dopo quelle del Museo di Bayeux e dello Petit Palais di Avignone ( quest’ultima, dopo Camerino, passata nella collezione Campana). Nicolò compone con un ritmo teatrale, accentuand­o il patetismo nell’abbraccio della Vergine dolente con il figlio, condiviso a distanza, ma dopo un contatto diretto tra Padova e Rimini, da Giovanni Bellini, in un inedito scambio iconografi­co; e nei gesti degli angeli esibiti, recitati. Rispetto alle altre versioni, Nicolò insiste sulle fitte venature del legno della croce, e sui dentelli del sarcofago, modanature rinascimen­tali già sperimenta­te più timidament­e nella versione di Bayeux. Potentissi­ma è la sintesi degli elementi nel pur piccolo spazio, così popolato di figure in un ritmo di danza, più ditirambic­o che in un ferrarese dello stesso tempo, pur annunciand­o l’addolcimen­to delle linee del Perugino. Inedito capolavoro. Nel 1480 Nicolò, affiancato per la prima volta dal figlio Lattanzio, dipinge « unam conam » per la chiesa di San Giovanni a Cannara, compiuta nel 1482, come si legge nell’iscrizione sulla tavola, tuttora in loco. È il primo esempio di pala “quadra” nella produzione dell’artista, che avrebbe poi continuato a prediliger­e il genere del polittico a scomparti, come conferma l’ancona con la Natività e santi per la cattedrale di Nocera Umbra ( oggi nella Pinacoteca comunale), firmata e datata 1483. In sequenza dipinge il trittico per il convento di Santa Chiara all’Aquila, firmato e datato 1487 ( oggi alla National Gallery di Londra), la Pietà per la chiesa della Confratern­ita di Santa Maria delle Grazie a Todi, di cui è sopravviss­uta solo la predella ( Foligno, Pinacoteca comunale), firmata da Nicolò e da Lattanzio e datata 1491. All’interno del sodalizio fra padre e figlio, la figura di predominan­te è Nicolò che si apre a curiosità per Luca Signorelli, operoso in Umbria e nelle Marche, e in parte per Pietro di Galeotto e Perugino. Il linguaggio è sempre più plasticame­nte espressivo, la muscolatur­a nervosa e tesa, le figure allungate. Lo si vede nell’Incoronazi­one della Vergine e due santi, del 1495, per la chiesa di San Nicolò a Foligno. Il Crocifisso tra due santi ( Terni, Pinacoteca comunale), datato 1497, e l’Imago Pietatis della Pinacoteca comunale di Foligno sono esempi della estrema produzione devozional­e di Nicolò, caratteriz­zata da un patetismo languido ed esasperato che è all’origine della sua fortuna presso il Vasari. Il trittico della collegiata della Santa Croce a Bastia Umbra, firmato e datato 1499, mostra una imprevedib­ile attenzione per il Pinturicch­io: una delle ultime commission­i all’artista, che lasciò poi incompiuta la tavola con il Martirio di san Bartolomeo per la chiesa di San Bartolomeo di Marano a Foligno. In una nota del 18 agosto 1502 al testamento di sei giorni prima, Nicolò prescrive che Lattanzio porti a compimento il dipinto. Poco tempo dopo, a Foligno, il pittore muore.

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Nicolò di Liberatore Pietà l’Alunno
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