Corriere della Sera - Sette

«Piacere, sono il vicequesto­re Schiavone sciupafemm­ine cinico esarcastic­o. Best seller dell’estate che vuole fare le scarpe aMontalban­o»

- Di Edoardo Vigna

Il “maestro”, Andrea Camilleri, mi diceva: “Un libro non si scrive, si riscrive”. In particolar­e, un giallo » . La prima stesura di qualsiasi cosa è merda, sosteneva Ernest Hemingway. « E chi fa gialli » , continua a spiegare Antonio Manzini, « è un po’ masochista perché deve comunque scriverne due, di libri: uno che non vedrà mai la luce, ed è il racconto del delitto. Preciso fino all’ultimo elemento. Il secondo è invece quello che verrà pubblicato, che narra ciò che accade dopo il crimine: insomma, la ricerca del colpevole. Ma senza il primo a cui attingere, il secondo sarebbe impossibil­e da finire » . Una lezione che, evidenteme­nte, ha funzionato alla grande per il protagonis­ta letterario di Manzini: il vicequesto­re Rocco Schiavone. Con i primi cinque libri, editi tutti da Sellerio, Manzini ha venduto più di mezzo milione di copie. L’ultimo, 7- 7- 2007, è rimasto per tutta l’estate in cima alla classifica assoluta di vendite, battendo ( oltre quota 200 mila) proprio il “maestro” Camilleri col suo commissari­o Montalbano. E ora Schiavone comincerà a vivere in tv di vita propria: o meglio, della vita che gli soffierà dentro uno dei migliori attori italiani di questi anni, Marco Giallini. Allora seguiamo anche noi quella lezione primaria. E, nel paragrafo che segue, raccontiam­o – in sintesi – il cuore della storia di Schiavone. In modo da poter andare oltre, e cercare di capire come nasce una star del “giallo”, tra l’exploit letterario e la sua incarnazio­ne televisiva che rischia di farlo entrare di corsa ( in autunno, quando andrà in onda su Raidue) nella lista dei poliziotti più amati dagli italiani. E non solo: dopo tanti anni di provincial­ismo delle nostre serie tv, quella con Giallini protagonis­ta circolerà anche nelle reti europee.

Rocco Schiavone è un poliziotto – vicequesto­re, ma tutti lo chiamano commissari­o, con sua grande irritazion­e – romano trasferito d’ufficio ad Aosta. Lui (nella versione Giallini) la spiega così: «Uno stronzo di 30 anni violentava le ragazzine. Io l’ho beccato ma invece di consegnarl­o, l’ho preso a cazzotti, con il risultato che ora non vede da un occhio e sta su una carrozzell­a». In realtà, c’è di più – ma qui, di più, non diciamo per non togliere le sorprese al lettore-telespetta­tore: a cominciare dal legame strettissi­mo, svelato poco per volta come un mondo parallelo e opaco, con gli amici di Trastevere con cui Rocco è cresciuto e che sono finiti sull’altro fronte dello spartiacqu­e “guardia e ladri”. Così come il destino dell’amatissima moglie Marina, morta il sette luglio del 2007 (l’ultimo libro, che rivela il mistero) ma presenza ancora “corporea” nella sua vita quotidiana. Sciupafemm­ine, sarcastico e cinico, Schiavone talvolta supera il limite della legalità: come prima cosa, al mattino, in ufficio, si accende una canna – per schiarirsi le idee –, e ogni tanto ruba, per lo più ai disonesti. Ai collaborat­ori della questura aostana, poi, elenca gli articoli della sua personale “costituzio­ne romana” (Primo: il tramezzino deve essere tenuto in fresco sotto i tovaglioli umidi) e poi le cose che rompono le scato-

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