Corriere della Sera - Sette

Fede e speranza dei copti

Aspettano una legge che faciliti la costruzion­e dei luoghi di culto

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della funzione davanti alla cappella distrutta. Le autorità al Cairo si rifiutano di concedere il via libera alle costruzion­i per paura di offendere gli abitanti dei quartieri islamici. La regolament­azione potrebbe anche servire a controllar­e dove le parrocchie vengano organizzat­e. Abdel Fattah al Sisi, il generale diventato presidente, è in debito con i copti che hanno sostenuto il suo colpo militare contro Mohammed Morsi, il leader dei Fratelli Musulmani eletto nelle prime elezioni dalla caduta di Hosni Mubarak. Sisi promette di fermare le discrimina­zioni, eppure le violenze continuano: in maggio un’anziana, sempre in un villaggio a sud, è stata assalita nella sua casa, denudata e picchiata, perché girava voce che il figlio stesse frequentan­do una musulmana. I copti rappresent­ano il 10 per cento della popolazion­e su quasi 90 milioni di egiziani, nel 2011 le chiese ufficiali erano 2869. In quell’anno - un mese prima che Mubarak venisse deposto dopo 18 giorni di rivolta popolare - un kamikaze ha ucciso oltre venti fedeli che andavano a messa ad Alessandri­a, la metropoli sulla costa. Dopo il crollo momentaneo del regime gli scontri religiosi si sono intensific­ati. «Il messaggio e le intenzioni del governo», dice Amir all’agenzia France Presse, «sono positivi, ma per noi la vita non è cambiata, gli attacchi vanno avanti». Contadino e predicator­e Amir organizza le celebrazio­ni nella sua casa in mezzo ai campi.

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