Corriere della Sera - Sette

E con la Via della Seta tutta la memoria venne trascritta nero su bianco Giovanni Vigo

All’inizio il papiro, poi la pergamena, infine la carta. I cinesi, che forse la concepiron­o per primi, tentarono di custodire i segreti per produrla. Ma fu un fiasco. Così arrivò in Europa e il suo utilizzo non si fermò più

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Nel 1638 Giovanni Domenico Peri pubblicò Il Negotiante, un trattato di economia aziendale, come diremmo oggi, che riservava un ampio spazio alla carta. « Per mezzo della Carta » , scriveva, « di tutto s’hà cognitione, e tutto alla Carta si deve » . A prima vista potrebbe sembrare un’esagerazio­ne, forse dettata dal desiderio di mettere in bella mostra la sua Liguria. Ma, a pensarci bene, non aveva poi torto. L’invenzione della scrittura aveva rivelato tutta la sua importanza quando era stato possibile affidare i testi a supporti durevoli, capaci di conservarn­e la memoria. Memoria che poteva riguardare un contratto d’affari, un inventario di beni, la celebrazio­ne di una vittoria e le gesta di un imperatore. O ancora di mettere nero su bianco, come si direbbe oggi, un poema tramandato nel tempo solo oralmente e che correva il rischio di andare perduto. I primi caratteri furono scritti sui materiali più disparati: pietre, ossi, gusci di tartaruga, legno, metalli, tavolette d’argilla. Poi, all’inizio del III millennio a. C., ci fu una vera e propria rivoluzion­e. Utilizzand­o le canne di papiro, una pianta molto diffusa nella valle del Nilo, gli egizi incomincia­rono a produrre fogli sottili e resistenti, particolar­mente adatti alla scrittura grazie al loro colore chiaro. Inoltre, per conservare testi lunghi e complessi, era possibile unire i fogli in strisce che potevano raggiunger­e una lunghezza di 25 metri, come l’esemplare scoperto nella Villa dei Papiri di Ercolano o i 41 metri del Papiro Harris del British Museum. Il papiro aveva un’altra carat- teristica: era molto flessibile e le strisce potevano perciò essere avvolte, senza danneggiar­e i testi, in rotoli che occupavano poco spazio ed erano facilmente conservabi­li.

Pelle di maiale. Dall’Egitto, l’impiego del papiro si diffuse in tutto il Mediterran­eo, dapprima attraverso il commercio, poi, a partire dal VII secolo a. C., anche gli arabi impararono a lavorarlo seguiti, a loro volta, dai greci. Senza il papiro la nostra cultura sarebbe stata molto più povera: innumerevo­li documenti di ogni specie – politici, legali, mercantili, letterari ecc. – non sarebbero giunti fino a noi. E non è un caso se in molte lingue europee la carta è indicata da un vocabolo che trae la propria origine dal nome della pianta egiziana: paper in inglese, papier in francese, papel in spagnolo, papier in tedesco, mentre in italiano il temine papiro viene utilizzato per indicare un testo noioso e inutilment­e lungo. Il papiro è stato il protagonis­ta indiscusso dei materiali scrittori per millenni. Non è stato però il solo. A partire dal II secolo prima di Cristo, nel mondo greco e romano veniva impiegata la pergamena ottenuta dalle pelli di animali – maiali, percore, vitelli, asini – preparate con un lungo procedimen­to. L’impiego delle pelli di animali era più antico. Erodoto, che scriveva nel V secolo a. C., ricorda che in tempi lontani si usava la cartapecor­a. Altre testimonia­nze parlano di pelli di capre, di antilopi e di cani. La spinta decisiva all’uso della pergamena venne dagli

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