Corriere della Sera - Sette

Nathalie Du Pasquier

Che cosa sta preparando

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Calura africana ma siamo a Milano, Nathalie non ha condiziona­tore, l’aria arriva dai finestroni di questo loft nel cuore della vecchia Porta Nuova. Una parte è studio, poi c’è una grande cucina da “lavoro”, dove la raggiunge a mezzodì il suo fidanzato, il designer George Sowden; lui deve solo aprire la porta attigua dove regna sovrano. Nathalie sta lavorando a delle strutture di legno («mi raccomando non le chiami sculture perché metto insieme dei pezzi») che dipinge di bianco da esporre a Frieze nello stand della galleria Exile di Berlino (qui prima esporrà l’8/9 una decina di nuove tele e anche il catalogo è fatto da lei, concepito con un taglio artistico, come un’opera). «Sono una donna molto pratica e il monocromo rende tutto più facile specie quando si devono far viaggiare le opere», dice la bella artista francese naturalizz­ata milanese. «Riprendere i colori è sempre molto più difficile, occorre rifarli con l’esatta mistura». Si arrabbia un po’ quando cito Memphis (di cui è stata il membro più giovane): «Ma è finito quarant’anni fa! Io ho fatto molto altro, non sono una designer ma una pittrice!». E lo abbiamo visto bene alla mostra di Assab One a Milano, e ora a Vienna, alla Kunsthalle (fino al 13/11). Ma c’è tutta una storia dell’arte che entra di diritto nei suoi dipinti, anche il momento pittorico di Le Corbusier. Poi a ottobre a Milano, nel microspazi­o Mega, un’altra personale.

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