Vi presento un’altra Maddalena
/ Alle decine di peccatrici bellissime e sensuali, cui sarà dedicata una grande mostra, aggiungiamo quella di Matteo Loves
Nella imminenza dell’apertura della grande mostra sulla Maddalena, in palazzo Apostolico di Loreto, alla quale sono state convocate decine di peccatrici bellissime e sensuali, è propizio rendere nota questa che mancherà all’appello, e che mi segnala Pietro Di Natale, studioso attento e sensibile, in particolare all’autore cui il dipinto va riferito: Matteo Loves. Esso è fuggito ai compilatori dei cataloghi della Galleria Nazionale di Parma dove l’opera è conservata, fino all’ultimo a cura di Lucia Fornari Schianchi. La nostra Maddalena vi è ricordata come di bottega del Guercino, nella scheda di Barbara Ghelfi. Nessun dubbio invece che essa sia un documento significativo di quell’artista che il Guercino teneva per il suo migliore allievo, come si desume da una sua lettera ad Alfonso III d’Este, duca di Modena e Reggio dal 1628 al 1629, quando abdicò in favore del leggendario Francesco I per farsi frate cappuccino con il nome di fra’ Giambattista. « 20 ottobre 1629 Serenissimo Alfonso, mio signore & padre Battista Havete ragione a rimproverarmi per l’enigma che vi ho instillato, ma solo in codesto momento sono riuscito a porre rimedio ai mie timori. Hora mi sento sicuro di potervi parlare con agio. Chi vi reca questa missiva, per diretto conto, è il più fidato allievo della mia bottegha: Mattheo Loves. Il giovane conosce bene quelle impervie strade & la lingua che vi si parla, essendo giunto fino a noi a partire da Colonia Agrippina, sua patria. Mattheo, che è valente pittore, non è presso di voi col solo compito di postiglione, ma ha financo l’incarico di studiare un ritratto da farsi su tela per vostra celebrazione » . Il documento è notevole non solo per la segnalazione del merito, ma anche per l’annuncio della devota immagine che il Loves, arrivato a Modena al seguito del Guercino per ripeterne repliche del ritratto del Duca Francesco I, nel 1635 dedicherà al duca frate, con i variegati simboli del suo attuale status e del suo potere passato. Quanto alla presente Maddalena, essa, nel nesso stilistico con il maestro, può ben cadere prima del 1628, sulla scia di opere giovanili come la Resurrezione di Lazzaro del Louvre, il Suicidio di Cleopatra del Norton Simon Museum di Pasadena, l’Erminia e Tancre- di della Galleria Doria Pamphilij. Loves era entrato nella bottega del Guercino agli inizi del terzo decennio, ma già nel 1630 ha una commissione autonoma per la chiesa dei Santi Rocco e Sebastiano di Cento: un Angelo custode, e di lì a poco la pala con la Vergine il bambino, san Bernardino e l’angelo custode pervenuta, dopo la requisizione della pala del Guercino da parte di Napoleone, nella chiesa di San Pietro a Cento. Se confrontata con queste notevoli e già mature prove o con il Sogno di san Giuseppe, di bella e originale composizione, riconosciuto dal Di Natale in Palazzo Reale a Napoli, la Maddalena mostra un fare più acerbo, ma anche più sperimentale e drammatico, con la citazione veneziana del tappeto e il patetismo dell’espressione e del dialogo muto con la corona di spine, attributo assai insolito per la santa. L’intuizione è accresciuta dalla singolare idea di far toccare alla peccaminosa Maddalena la corona non direttamente con le mani, ma attraverso un velo. Della suggestione del Guercino giovane, con le sue atmosfere romantiche e temporalesche, nelle luci violacee, è traccia evidente nel paesaggio crepuscolare con le nuvole striate che nascondono la luna mentre l’alba sorge. Il pathos è sapientemente caricato con una intenzione teatrale più solerte che in altre prove del Loves, come il San Rocco e la Maddalena della Fondazione Cavallini Sgarbi, che sembrano esprimersi in parallelo con il Guercino più classicheggiante dopo il 1629. Allo stato del catalogo dell’artista, così come lo ha stabilito il Di Natale, potremmo azzardare l’ipotesi che la Maddalena sia la prima opera nota del Loves, al suo arrivo nella bottega del Guercino, tra il 1623 e il 1625.