Esordiente
Roan Johnson, Piccioni e i documentaristi milanesi D’Anolfi e Parenti
Che cosa vuol diventare la Mostra di Venezia? I suoi 73 anni le permettono di aver già vissuto molte vite – la nascita sotto il Fascismo, la rinascita con Andreotti gran mossiere della ripresa cinematografica nazionale, poi la maturità tra i Cinquanta e i Sessanta, quando diventava la passerella mondiale per Kurosawa, Mizoguchi, Satyajit Ray, Wayda e Munk, quando applaudiva Dreyer, Bergman, Bresson, Malle e consacrava gli italiani Fellini, Antonioni, Rossellini, Visconti ( cui fu negato il Leone d’oro a Senso e a Rocco e i suoi fratelli per riconosciute camarille anticomuniste), Olmi, Rosi, Monicelli... Poi la contestazione del Sessantotto, le Contro giornate, il lungo silenzio per ripensare lo statuto ( mentre Cannes guadagnava prestigio e potere) e finalmente nel 1979 la rinascita con Lizzani e Ungari, il ritorno dei premi, delle dive, dell’attenzione internazionale – tante vite, dicevo, che sono quella del festival di cinema più antico del mondo e che permettono oggi alla Mostra di « cambiare » ancora una volta, con una rinascita che le faccia ripensare il suo ruolo e la sua collocazione nel panorama mondiale. Oltre che in quello italiano, visto che forse i « nemici » più accaniti e insidiosi li ha proprio sotto casa... È indiscutibile che negli ultimi anni Venezia abbia subito da una parte la concorrenza della Festa ( poi Festival poi ancora Festa) di Roma, non tanto per la qualità dei film presentati o sottratti, quanto per una generica malevolenza del mondo produttivo e distributivo italiano che dietro ai troppi sorrisi ha fato di tutto per