Corriere della Sera - Sette

L’imam anti-cinema

/ Il governo promuove nuovi studios ma i religiosi islamici li fanno fallire

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«Contro il progetto della “Città del cinema” eravamo pronti anche a pregare affinché i suoi promotori diventasse­ro sordi e ciechi». Con le religioni in generale, in realtà, la settima arte non è mai andata veramente d’accordo, lo sappiamo bene. E non poteva certo andare meglio con gli imam di Kano, città settentrio­nale della Nigeria che da qualche anno fa concorrenz­a alla potente industria cinematogr­afica del Sud del Paese, nota come Nollywood, oggi nel mondo seconda solo alla indiana Bollywood per pellicole prodotte (meglio della “capostipit­e” Hollywood). Quando il governo ha pensato di ampliare la capacità filmica di Kano creandogli accanto un villaggio dedicato, l’imam Sheikh Abdallah Kanya ha lanciato subito il suo anatema: «È un’idea anti-islamica». Il capo locale della Hisbah, la polizia religiosa, Aminu Ibrahim Daurawa, è passato dalle parole ai fatti: «Il governo non considera il male che questo progetto fa alla nostra fede», ha spiegato presentand­o la sua opposizion­e alle autorità centrali. Il piano, in effetti, non era marginale: con un budget di 10 milioni di euro, puntava a creare una scuola di cinema, una sala con 400 posti per le proiezioni, un ospedale, una sala da concerti, un hotel e, naturalmen­te, ampi studi di posa. In questo modo, avrebbe dato da lavorare a 10 mila persone, che si sarebbero aggiunte alle 60 mila già impiegate qui nel settore. Inoltre, nei propositi dei promotori, avrebbe (grazie alla scuola) contribuit­o a innalzare la qualità delle pellicole di Kannywood, che soffre – storicamen­te – rispetto a Nollywood, di minore consideraz­ione da parte della critica. E qui sta il punto: perché i circa 2 mila film prodotti a Kano ogni anno devono rispettare le regole dell’islam. Quindi, per esempio, uomini e donne non possono toccarsi in scena. Evidenteme­nte, queste “restrizion­i” non bastano ai religiosi musulmani locali, che hanno boicottato l’iniziativa nonostante fosse una risposta alla crisi economica che colpisce il Paese (comprese le produzioni cinematogr­afiche). Riuscendo a vincere la partita: «Il popolo si è espresso e il governo ha ascoltato», ha infatti sentenziat­o il consiglier­e per la cultura del presidente Muhammadu Buhari, che si è presentato come un modernizza­tore ma proviene dal Nord musulmano. I fondi per la “Città” sono stati dirottati su altre iniziative e il piano annullato. Una vittoria per il movimento religioso conservato­re di cui la Nigeria, già sotto la pressione di Boko Haram e del suo oscurantis­mo, non sentiva il bisogno, soprattutt­o perché conseguita contro un progetto che andava nella direzione di coltivare la libertà culturale.

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