Corriere della Sera - Sette

Micaela De Medici

Che, per procurarsi il cibo, filtrano ogni giorno 70 mila litri di acqua

- Di

Tonnellate di plastica. Raramente ci pensiamo mentre passeggiam­o sulle spiagge del nostro bacino mediterran­eo, o quando facciamo una nuotata, ma la realtà è questa: sul fondo del Mar Mediterran­eo ci sono 100 mila pezzi di plastica per chilometro quadrato. Il Mediterran­eo è purtroppo una delle aree al mondo dove più forte è l’impatto del marine litter, ovvero dei rifiuti marini, e ha una media che va da 208 a 760 kg all’anno di rifiuti solidi prodotti per persona. La plastica può rappresent­are il 95% dei rifiuti accumulati sulle coste, sulla superficie del mare e sul fondo. Più del 70% della plastica presente in mare proviene dalle attività terrestri. Non si tratta sempliceme­nte di numeri e statistich­e: la presenza del marine litter ha conseguenz­e molto negative sull’ecosistema e sugli organismi che vivono in mare, quindi, potenzialm­ente, anche sull’uomo. Proprio di questo si occupa il laboratori­o Biomarker del Dipartimen­to di Scienze Fisiche, della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Siena, che studia gli effetti degli inquinanti sugli organismi mari- ni – con particolar­e attenzione alle microplast­iche – e, con il progetto “Plastic Busters” ( plasticbus­ters. unisi. it), oltre a monitorare, cerca soluzioni concrete per ridurre l’inquinamen­to del Mediterran­eo attraverso azioni di mitigazion­e e di rimozione delle plastiche. « Esistono poche pubblicazi­oni sull’impatto delle plastiche e sugli effetti degli inquinanti e delle attività antropiche sugli organismi marini nel Mediterran­eo » , spiega Maria Cristina Fossi, professore associato in Ecologia ed Ecotossico­logia presso l’Università di Siena, responsabi­le del gruppo di ricerca. « I nostri studi hanno avuto risonanza internazio­nale perché siamo stati i primi a sviluppare metodologi­e non letali, i biomarker non distruttiv­i, per verificare l’effet-

« Bisogna ancora capire se, e in quale misura, gli inquinanti arrivano all’uomo, attraverso la catena alimentare e il cibo contaminat­o »

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