Corriere della Sera - Sette

Contro l’infibulazi­one (non basta mai)

/ In Italia è un reato, non c’è tradizione o religione che tenga. Chi la fa, va fermato: ed evitiamo di trasformar­la nell’ennesima occasione di litigio sull’immigrazio­ne

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Caro dottor Severgnini, la pratica dell’infibulazi­one è radicata nel convincime­nto della disuguagli­anza dei generi. È il tentativo di controllar­e la sessualità femminile e le idee su purezza e modestia. È un grave trauma: molte bambine entrano in uno stato di choc per il dolore. Gli effetti sono infezioni ricorrenti, difficoltà ad urinare, sviluppo di cisti, complicazi­oni del parto. La pratica si sta diffondend­o in Occidente a causa delle migrazioni. Molte donne islamiche in Italia hanno subito mutilazion­i genitali nei Paesi di origine e alcune anche da noi. Il loro numero sta crescendo con l’aumento della popolazion­e musulmana.

Lorenzo Cafaro lorenzo.cafaro@gmail.com

L’infibulazi­one è una mutilazion­e genitale femminile. Il termine deriva dal latino fibula, la spilla usata per tener fermo il mantello. La vagina delle bambine viene cucita a metà delle grandi labbra, lasciando due piccoli passaggi: uno per l’urina e uno per il sangue mestruale, quando arriverà. Una pratica mostruosa: non ci sono altri aggettivi. Secondo l’Organizzaz­ione Mondiale della Sanità sono 125 milioni le donne sottoposte a infibulazi­one nel mondo. Mezzo milione nella UE, 35/ 40 mila in Italia ( record europeo, sostiene qualcuno). Nel nostro ordinament­o, ovviamente, è un reato: si rischiano da 4 a 12 anni. Quindi: non c’è religione o tradizione che tenga. Chi fa, o tenta, una cosa del genere è un criminale e va fermato. Evitiamo di trasformar­la nell’ennesima occasione di litigio sull’immigrazio­ne: ci sono bambine e donne da salvare. Non è impossibil­e. La prova di quest’atrocità non si nasconde facilmente. Chiunque ne abbia notizia – le compagne di classe e le loro famiglie, ad esempio – deve denunciare: immediatam­ente.

I giovani? Hanno meno incrostazi­oni

Buongiorno, sono un collega giornalist­a di Lugano, del settore economia-finanza. Ho letto il suo effluvio sul contributo dei giovani in occasione del terremoto in Centro-Italia ( 25 agosto). Lei parte, mi pare, dall’assioma che i giovani siano più onesti, altruisti e illuminati rispetto alle generazion­i precedenti. Mi permetta di dubitarne, col supporto delle statistich­e. Forse dimentichi­amo che i protagonis­ti della cosiddetta microcrimi­nalità (che micro non è) sono per lo più giovani; che lo spaccio e il consumo di droga li vede in prima linea; che lo sballo alcolico è un loro totem, etc. Stendiamo poi un velo pietoso su standard comportame­ntali e culturali. Quelli che prestano il loro aiuto hanno il mio plauso. Ma per favore lasciamo stare le retoriche fuori luogo. Gian Luigi Trucco gianluigi.trucco@bluewin.ch

Non parto dall’” assioma che i giovani siano più onesti, altruisti e illuminati” di noi: diciamo che hanno più energie e meno incrostazi­oni mentali. Per un ventenne, un terremoto non è una drammatica replica, ma un tragico esordio. È più sensibile, più reattivo, spesso più generoso; e ha la testa sgombra da pregiudizi. È difficile, per noi, essere ottimisti sulla ricostruzi­one, ricordando la vergogna dopo il sisma in Irpinia, le assurdità in Molise, i ritardi provocator­i all’Aquila. Una ragazzo o una ragazza nati a metà degli anni 90 possono invece credere che, stavolta, le cose andranno diversamen­te. Devo disilluder­li? Non ci penso nemmeno.

Quando uno sport è da Olimpiade

Caro Severgnini, alle Olimpiadi abbiamo visto “sport” che fanno sorgere spontanea la domanda: ma è sport? Non me ne vogliano i praticanti di certe discipline, ma i tiri, i lanci e i salti non hanno molto a che vedere con lo sport, che per me rimane legato all’idea di fatica, sudore e agonismo. La maratona: ecco l’emblema dello sport. Qui invece stiamo assistendo a robe ridicole: il dressage, ad esempio, che sport è?

Daniele Vecchi vecchidv@gmail.com

Sul dressage, devo dire, qualche perplessit­à ce l’ho anch’io. Ma provi a volare con un cavallo sopra un ostacolo; o a colpire a ripetizion­e un bersaglio, reggendo un fucile. Poi ne parliamo, caro DV. Comunque, è innegabile: non tutti gli sport olimpici sono adatti all’Olimpiade. Il presidente della FIFA, Gianni Infantino, ha rivelato la sua perplessit­à sulla presenza del calcio ( « Il torneo maschile non è né carne né pesce: avere squadre Under 23 con un paio di fuori- quota non è una buona soluzione, ne parleremo col Cio » ) . Anche di altre discipline iper- profession­istiche si potrebbe fare a meno. L’Olimpiade dev’essere il massimo. Se un’altra competizio­ne è più interessan­te – Mondiali, Europei e Champions per il calcio; Nba per il basket; Wimbledon e Us Open per il tennis; Tour de France e Giro d’Italia per il ciclismo su strada – forse quello sport non è adatto ai cinque cerchi. Baseball e football americano, per esempio, non ci sono. A chi vuole introdurli ( football) o reintrodur­li ( baseball), diciamo: non se ne sente la mancanza. World Series e Super Bowl rimarranno più affascinan­ti.

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