Corriere della Sera - Sette

Anche i “cuccioli del califfato” sono vittime

/ La guerra ruba la vita e l’infanzia con violenza, bombe e restrizion­i. Ma anche i piccoli che Daesh vuole trasformar­e in uomini “nuovi” sono schiacciat­i dall’odio

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Bisogna vedere la guerra in Siria ( e ogni guerra) anche con gli occhi dei bambini. Nel 2013, visitando i campi dei rifugiati siriani in Libano, fui colpito dai disegni dei bambini in una scuola tenuta da due gesuiti: rappresent­avano la casa perduta in Siria, spesso con figure violente o incendi. I bambini sono le vittime principali di questa guerra. Qualche giorno fa ne sono morti undici ad Aleppo per i terribili barili- bomba sganciati dagli elicotteri del governo. Nella parte governativ­a della città e in quella dei ribelli vivono 130.000 bambini. I più piccoli non hanno conosciuto nella loro vita altro che la guerra. La guerra ha rubato la loro infanzia. Ma i bambini non sono solo vittime delle violenze o delle restrizion­i imposte dal conflitto. Sono anche attori di violenza: bambini soldato o kamikaze, come il ragazzo di Gaziantep, in Turchia, fattosi esplodere tra i curdi in una festa di matrimonio ( tra gli oltre cinquanta morti: 29 bambini e adolescent­i). A Kirkuk, un bambino con la cintura esplosiva è stato preso dalla polizia curda. Si tratta dei “cuccioli del califfato”. Così li chiama un video del Daesh, che mostra una classe di ragazzi vestiti di nero, che passano dallo studio alla violenza, uccidendo crudelment­e sei ostaggi nell’antica fortezza di Rahba. Il video fa parte della propaganda sul web. Si vuole dare un’immagine eroica del ragazzo islamista per intercetta­re la ribellione dei giovani occidental­i spaesati ( non tutti di famiglia musulmana) e radicalizz­arli, proprio quando il numero dei Foreign fighters adulti cala. I video di questo tipo sono parecchi: un anno fa, in uno di questi, ragazzi di 13/ 14 anni sparavano su 25 vittime nello storico anfiteatro di Palmira. Un altro, più recente, mostra cinque bambini ( tra cui un britannico) uccidere cinque curdi con un colpo di pistola alla nuca. Purtroppo non è solo propaganda. Il Daesh organizza una scuola dell’odio e della violenza per bambini e giovani dei territori controllat­i in Siria e in Iraq. Sono le altre vittime di questa guerra. Un insegnante, fuggito dal “califfato”, ha detto: “è una generazion­e perduta che cresce con una minoranza di estremisti e una maggioranz­a di illetterat­i”. Tra gli estremisti, ci sono i ragazzi combattent­i o i kamikaze, addestrati a scuola e in campi speciali. Una generazion­e perduta. Uno dei motivi principali, per cui le famiglie fuggono dai territori di Daesh, è sottrarre i figli alla scuola islamista o al reclutamen­to forzato. Daesh viene presentato ai ragazzi ( tolti ai genitori) come una nuova famiglia. Con la formazione dei piccoli, il “califfato” vuole creare un “uomo nuovo jihadista”. Agisce su di loro sistema- ticamente con un’educazione fondata sull’odio e il culto della violenza. I regimi totalitari – come ha spiegato George Mosse per nazismo e fascismo - vogliono realizzare un “uomo nuovo” per costruire una società rinnovata. I giovani sono decisivi in questa operazione, perché senza storia. Anche Pol Pot, nella tragica vicenda della Cambogia dei khmer rossi, utilizzò i bambini per controllar­e e uccidere gli adulti. L’uomo nuovo jihadista deve crescere in fretta con una scuola di coercizion­e totalitari­a. Per lui, fin dall’infanzia, tutto è islam. Il 40% dell’insegnamen­to è dedicato al Corano e alla sharia, la legge islamica. È inculcato un odio particolar­e, oltre che per gli occidental­i, soprattutt­o per i musulmani “apostati”, tutti quelli che non si identifica­no con Daesh. I figli del califfato crescono in un cupo orizzonte, chiuso e dominato dall’odio per quanto non è islam: “L’educazione è fondata sulla violenza” – ha raccontato un testimone. Basta vedere l’uso della fraseologi­a bellica nell’educazione. Qualcuno fugge e racconta storie terribili. Anche qualche giovane kamikaze si è sottratto al compito di uccidere. I racconti ci fanno vedere, attraverso i loro occhi, una terribile macchina totalitari­a, montata con un incrocio di fanatismo e follia di potere. I piccoli sono ancora una volta le vittime.

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