La tirannia esemplare del maiale Napoleon
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arebbe un errore far coincidere la forza dissacrante di questa famosa favola di George Orwell ( pseudonimo di Eric Blair) esclusivamente con una satira della degenerazione della rivoluzione sovietica. Certo: La fattoria degli animali – scritta tra il 1943 e l’inizio del 1944, ma pubblicata dopo mille difficoltà, come l’autore stesso spiega nella premessa scoperta anni dopo la sua morte, solo nel 1945 – allude al passaggio dall’utopia egualitaria degli esordi al feroce totalitarismo staliniano. Però la descrizione degli avvenimenti e le acute riflessioni potrebbero adattarsi a diverse forme di regime in cui il culto della personalità, la tirannia, la corruzione del potere, la sistematica distorsione della storia contribuiscono a cancellare, a piccoli passi, la memoria dei valori costitutivi sociali e
« Se mai Berta aveva avuto un’immagine del futuro, questa era stata di una società di animali liberati dalla fame e dalla frusta, tutti uguali, ognuno lavorando secondo la propria capacità, il forte proteggendo il debole […]. Invece – non sapeva perché – era venuto un tempo in cui nessuno osava esprimere il proprio pensiero, in cui i cani feroci e ringhiosi si aggiravano dappertutto, in cui si doveva assistere al massacro dei propri compagni »
Spolitici di un’intera comunità. La rivolta degli animali contro il padrone Jones – auspicata dal verro Vecchio Maggiore e poi capitanata dai due giovani maiali suoi proseliti, Palla di Neve e Napoleon – approda alla vittoria sulla base di alcuni principi di fondo: « Eliminiamo l’uomo e il prodotto del nostro lavoro sarà nostro » e « Tutti gli uomini sono nemici. Tutti gli animali sono compagni » ( I, p. 44- 45). Cacciato il proprietario sfruttatore, i rivoluzionari istituiscono la « Fattoria degli Animali » e redigono i « Sette Comandamenti » , « scritti su un muro incatramato, a grandi lettere bianche che si potevano leggere alla distanza di trenta metri » ( II, p. 57). Col passare del tempo, la smisurata ambizione di Napoleon si traduce in una programmata tirannia: elimina il suo antagonista Palla di Neve ( « di qualunque cosa andasse a male era ora diventata abitudine dare la colpa a Palla di Neve » VII, p. 102); abolisce le assemblee ( « da quel momento le sedute della domenica mattina sarebbero state sospese » V, p. 82); alleva cani feroci per reprimere proteste ( « ma furono immediatamente ridotti al silenzio dal tremendo brontolio dei cani » VI, p. 91); vieta l’inno della rivoluzione « Animali d’Inghilterra » ( « questo canto non ha più ragione di essere » VII, p. 111); catechizza usando cifre e statistiche ( IX, p. 129). Così il maiale dittatore arriva perfino a modificare, a beneficio della casta, i « Sette Comandamenti » : al 6 ( « Nessun animale ucciderà un altro animale » ) aggiunge, per far fuori i dissidenti, « senza motivo » ( VIII, p. 112); e successivamente manipola anche gli altri cinque, per giustificare l’uso dell’alcol, per dormire nei letti, per camminare su due zampe, per fare accordi con gli uomini, per guadagnare soldi. Solo quando l’ultimo comandamento viene stravolto ( « Tutti gli animali sono uguali ma alcuni animali sono più uguali degli altri » ) si capisce che di quegli « antichi sogni » non è rimasto più nulla. Purtroppo, in forme subdole, anche le democrazie possono esprimere regimi dove prosperano culto della personalità e sete di potere. Bisogna insospettirsi quando l’assedio ai “Comandamenti”, ai valori originari, viene propagandato come inevitabile per il bene dello Stato? Nella fattoria, il saggio asino Benjamin avrebbe risposto “sì”. di Roberto Burchielli