Corriere della Sera - Sette

Così l’autista di Farah Diba salvò il tesoro di Teheran

Quando, nel ‘79, lo Scià e la moglie fuggono dalla rivolta, un dei dipinti.

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affidata al cugino di Farah Diba, l’architetto Kamran Diba. Pochi mesi prima dell’inaugurazi­one – nel 1977 - Firooz Shahbazi Moghaddam, uomo semplice, un diploma tecnico in tasca, nessuna particolar­e propension­e per l’arte, viene assunto come autista. Fra i suoi compiti, anche quello di andare in giro a scovare botteghe e laboratori locali. Dei 3.200 pezzi che oggi compongono la collezione – fra dipinti, sculture, litografie e fotografie – almeno duemila sono iraniani: testimonia­nza tangibile di una passione e tradizione artistica ancorata alle radici più profonde del paese. « Cominciai a informarmi » , racconta, « volevo capire perché questi quadri fossero così importanti. Ricordo il giorno dell’inaugurazi­one del Museo, c’era gente dappertutt­o, anche sugli alberi. Fu una grande festa » . Ma la Rivoluzion­e del 1979 è dietro l’angolo: celebrando l’inizio della Repubblica Islamica, l’Ayatollah Khomeini fa della lotta all’“intossicaz­ione da Occidente” uno dei cavalli di battaglia della rivolta, e mette all’indice musica, libri, film. Arte « deca- dente » . Nel momento più difficile, mentre la collera rivoluzion­aria spazza le strade di Teheran costringen­do Scià e consorte ad una rapida fuga, la collezione – statale – viene rapidament­e imboscata nello scantinato, in cerca di riparo dagli eventi. Nelle settimane successive è il caos: dopo qualche esitazione, il direttore del museo Mehdi Kowsar fugge all’estero, altri collaborat­ori si dileguano. Shahbazi resta al suo posto.

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È lui a interporsi fra i gruppi di miliziani e i capolavori di un’arte incriminat­a, portatrice di valori incompatib­ili con quelli delle nuove autorità. Un’arte che l’autista forse non capisce. Ma intimament­e fa sua, abbraccia. E protegge. « Ho pensato subito ai quadri, non avevano né padre né madre. Dovevo difenderli, non volevo che qualcuno se li portasse via, o peggio » . Mentre i combattent­i presidiano l’edificio, Shahbazi – eroe per incidente del destino – non si muove dal sotterrane­o, di cui possiede la chiave. Ostaggio di una missione non programmat­a. Quando la

Barricato con i dipinti.

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