Corriere della Sera - Sette

Il tunnel della recessione

/ L’economia, dopo la crescita, è travolta dal petrolio in calo. E la ripresa è lontana

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È arrivata la recessione. In quella che duellava – negli anni più recenti – con il Sud Africa per il titolo di “principale economia” del continente, gli ultimi dati sono inequivoca­bili. Fra aprile e l’inizio dell’estate, il pil nigeriano è sceso del 2,06%, con una seconda contrazion­e consecutiv­a nel 2016. Non succedeva da tre decenni. La causa principale è evidente: in Nigeria, le vendite di greggio portano il 70% delle entrate dello Stato, e con il prezzo del petrolio in netta contrazion­e (sceso dai 112 dollari al barile del 2014 ai 50 e meno ancora di oggi), l’intera economia ne ha pesantemen­te risentito. Come se non bastasse, poi, ci si sono messi gli attacchi sempre più frequenti della guerriglia a impianti e oleodotti sul delta del fiume Niger, che hanno fatto sì che la produzione crollasse dai 2,2 milioni di barili al giorno al milione e mezzo. Non che sia una sorpresa: da mesi, infatti, il presidente Muhammadu Buhari prometteva interventi per tamponare le falle. Ma l’emergenza provocata nel Nord-Est del Paese dal terrorismo jihadista della formazione di Boko Haram ha forse impedito un’azione più decisa di Abuja. L’altro grande problema economico della Nigeria è una carenza di valuta forte straniera, che si è tradotta inevitabil­mente in minori acquisti delle materie prime necessarie per la produzione industrial­e e di beni di consumo per i negozi. Così, i provvedime­nti presi dal governo per stimolare la macchina del Paese e aumentare gli introiti, a cominciare dall’aumento del prezzo della benzina e dalla maggiore fluttuazio­ne della valuta sul dollaro, sono risultati tardivi e inefficaci. L’industria del petrolio ha fatto segnare un trimestral­e -1,75%, quella non legata all’oro nero, comprese manifattur­e di vario genere e banche, -0,4%. Altrove, in Tanzania e in Etiopia soprattutt­o, si festeggia, nella speranza di poter attrarre gli investimen­ti perduti dalla Nigeria. Che, secondo gli analisti, non può sperare in una rapida ripresa: serve una diversific­azione dal petrolio, troppo prepondera­nte, ancora ben lontana dall’essere pianificat­a. L’unica consolazio­ne viene da fuori: dal Sud Africa, per la precisione. Che ha sì riscavalca­to la concorrent­e, ma non naviga in buone acque. Né gli ultimi scandali che hanno travolto il ministero delle Finanze del governo di Jacob Zuma, hanno migliorato la situazione. Per tutti coloro che speravano che l’economia africana potesse trovare una sua locomotiva, comunque, non ci poteva essere notizia peggiore.

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