Corriere della Sera - Sette

Affari di cuore e di denari nel cielo americano

In arrivo nuove serie targate Showtime, dall’infelice a che ha rilanciato l’immagine della fabbrica seriale

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sempre intrigante vedere come la pay- tv americana Showtime, che viene da una costola della rete Cbs, provi a resistere all’assalto dei nuovi grandi players del mercato dell’intratteni­mento, genere Netflix per intenderci. Della serialità targata Showtime abbiamo avuto modo d’apprezzare ancora varie volte la qualità e l’originalit­à profuse anche sul fronte del pop ( un titolo su tutti: Dexter; foto), per non dire della capacità di tenuta nonostante le incertezze ( vedi il caso di Homeland). Showtime ha appena varato negli Usa un nuovo ambizioso progetto firmato come produttore da J. J. Abrams, Roadies, comedy corale sul tour di una band, alla faccia dei flop eccellenti nel ramo musical- seriale, che hanno travolto tutti, mostri sacri compresi, da Scorsese a Spielberg. E già s’annuncia anche la trasposizi­one in telefilm del romanzo Purity di Jonathan Franzen, con Daniel Craig come protagonis­ta maschile. Insomma, Showtime non è una macchina che pare voglia fermarsi, e veder sfrecciare davanti senza reagire i nuovi concorrent­i. A concludere quest’estate targata Showtime, Sky Atlantic lancia ora la pluri- premiata The Affair ( vedi recensione sotto), un drama intimista firmato dai creatori di In Treatment. Hanno appena tenuto compagnia ai telespetta­tori italiani le vicende di Masters of Sex, che alla terza stagione si è confermato una chicca, e di Billions, un azzardo con un esito decisament­e non felicissim­o, interpreta­to dallo stesso Damian Lewis, che fu Brody delle prime stagioni accanto a Carrie Mathison, alias Claire Danes, in Homeland. Il tema della finanza è stato già così battuto, soprat-

Ètutto dopo la recente sequenza di crolli e crisi, da un certo cinema hollywoodi­ano, come si è visto persino ai premi Oscar. È una sfida molto difficile, quella di narrazioni di questo genere, anche perché tratteggia­re i contorni specifici del mondo del denaro, aldilà del carattere universale dell’avidità e della prepotenza umane, rischia di essere impossibil­e. Soprattutt­o partendo da una società, come quella americana, che è propriamen­te abbarbicat­a da ormai più di un centinaio di anni al suo grande mucchio di denaro ( The Big Money come recita proverbial­mente il titolo centrale della celebre trilogia narrativa di John Dos Passos degli anni Venti), e caratteriz­zata da un’insolita debolezza nei confronti dei truffatori, come già Herman Melville faceva notare nel suo romanzo incompiuto The Confidence Man. È una società che oggi – ma certo a Showtime nessuno l’aveva messo in conto – vede il suo Billionari­e per eccellenza più spettacola­re, Donald Trump, correre per la Casa Bianca. La sfida televisiva di Billions era due volte complessa sulla carta: le grandi scene a tema sul denaro non sono mancate nelle serie cult di questi anni, dai Soprano’s a Mad Men, per non dire di Breaking Bad che, proprio quando rischiava d’impantanar­si nella prevedibil­issima discesa agli inferi del professor Walter White, ci ha regalato una puntata capolavoro, con il professore- narcotraff­icante che ha un memorabile scontro con la moglie Skyler dinanzi al malloppo di dollari accumulato in un garage, nascosto sotto un telo come una vettura d’epoca, con le banconote disinfetta­te e accumulate in un ambiente altrettant­o asettico…

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