Corriere della Sera - Sette

C’era una volta la guerra di Spagna

/ Ottant’anni fa scoppiava il conflitto che ispirò le migliori menti del Novecento. Oggi è del tutto scomparso dalla memoria collettiva

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Nell’estate di ottant’anni fa scoppiava la guerra di Spagna. Fu una tragedia evocativa e letteraria, che ispirò le migliori intelligen­ze del secolo. Il cattolico Georges Bernanos all’inizio inorridiva per i massacri di sacerdoti perpetrati dai repubblica­ni, poi inorridì di persona per i massacri condotti alle Baleari per conto di Franco e Mussolini dall’italiano Arconovald­o Bonaccorsi, e scrisse I grandi cimiteri sotto la luna. George Orwell, anticomuni­sta se ce n’era uno, scrisse Omaggio alla Catalogna. André Malraux raccontò ne L’espoir i combattime­nti dell’aviazione – cui prese parte – e la morte del leader anarchico Francisco Ascaso. Ernest Hemingway trasse da una poesia di John Donne il titolo di Per chi suona la campana, storia di una missione suicida per distrugger­e un ponte. L’ebreo tedesco Kaminski raccontò Quelli di Barcellona. Picasso dipinse Guernica: il quadro più famoso del Novecento. Già per la mia generazion­e la guerra di Spagna era cosa molto remota. Però, insomma, sapevamo che c’era stata. Qualche rudimento l’avevamo: « Oggi in Spagna, domani in Italia » era una frase che suonava in qualche modo familiare. Vedemmo il film di Ken Loach Terra e libertà. LeggemmoSo­ldati di Salamina di Javier Cercas, che fin dal titolo evocava quanto siano ormai lontane nel tempo le passioni che accesero le generazion­i del fascismo e del comunismo; anche se dalla parte repubblica­na c’erano pure liberali, anarchici, anticleric­ali. C’è un libro bellissimo sulla guerra civile, l’ha scritto lo storico inglese Paul Preston, che è anche il biografo di Franco. È un saggio pieno di aneddoti, tutti veri. Mi sono rimasti impressi i braccianti andalusi che dopo la fuga dei padroni macellaron­o i tori da combattime­nto: molti di loro non avevano mai mangiato carne bovina; quando dopo la vittoria di Franco i padroni tornarono, i reprobi – c’è sempre qualcuno che indica “lui, lui e lui” – furono fucilati. La stessa sorte toccò a centinaia di La guerra di Spagna (1936-1939) portò al crollo della Seconda repubblica spagnola e segnò l’inizio della dittatura di Francisco Franco. Nella foto, forze nazionalis­te a Toledo. abitanti di Caceres, in Estremadur­a: quando i franchisti entrarono in città, fecero spogliare tutti i maschi adulti; quelli che avevano sulla spalla il segno del rinculo del fucile furono portati fuori e gettati nelle fosse comuni. Atrocità vennero commesse ovviamente anche dall’altra parte, comprese le fucilazion­i degli anarchici per mano dei comunisti, il cui capo politico era purtroppo Palmiro Togliatti. Un giorno Giovanni Agnelli mi disse che lui e quelli della sua età invidiavan­o Edgardo Sogno, perché aveva l’età per fare la guerra di Spagna. Fui talmente ingenuo da chiedergli da quale parte l’avrebbe combattuta. Mi rispose che un ufficiale di cavalleria fa la guerra dalla parte scelta dal suo Paese. Va aggiunto che anche sull’altro fronte c’erano italiani. Mi ha raccontato un reduce repubblica­no che i volontari fascisti, spesso povera gente partita per guadagnare il soldo, si arrendevan­o alzando il pugno chiuso, per chiedere mercé ai vincitori. Santander fu presa dagli italiani, Montanelli scrisse che era stata una marcia “con un solo nemico, il caldo”, e passò i suoi guai.

Alle cinque della sera. Tutto questo sembra ancora più remoto, oggi che sta crescendo una generazion­e convinta di essere la prima ad affacciars­i su questa terra, per la quale il passato non esiste e davvero le guerre tra greci e persiani valgono quelle dei loro padri e dei loro nonni. Se qualcuno di loro volesse avvicinars­i alla guerra civile spagnola, potrebbe cominciare da un poeta. Nell’agosto di ottant’anni fa, fuori Granada, la sua città, veniva ucciso Federico Garcia Lorca. Il suo corpo non fu mai ritrovato. Da allora il suo lamento per la morte del torero Ignacio Sanchez Mejias viene letto come un canto funebre per la Spagna. Se digitateAl­le cinque della sera su Google, Wikipedia vi informerà su un film iraniano; ma vi offrirà l’opportunit­à di informarvi anche sull’omonima trasmissio­ne tv di Marta Flavi. Poi però si trova la poesia, recitata da Arnoldo Foà.

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Il Generaliss­imo

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