Avete un problema? Scrivete a zia Agonia
/ Così in Inghilterra chiamano chi tiene sui giornali la rubrica della posta del cuore. In Italia la zia Agonia più nota fu Suni Agnelli
Nel 1990 uscì sull’Espresso un articolo di Dante Matelli e Denise Pardo dal titolo « Se non avete bisogno di consigli, scrivete a Susanna Agnelli » . La sorella di Gianni Agnelli ( detestava di essere definita così e per questo si arrabbiò una volta con Eugenio Scalfari) teneva una rubrica di posta del cuore ( quelle che gli inglesi chiamano “agony aunt”, la Zia Agonia che risponde ai lettori in cerca di soluzioni o, almeno, consolazioni ai problemi che li affliggono) sul settimanale Oggi e la leggevano milioni di italiani. Matelli e Pardo ironizzavano, nel loro articolo, su come rispondeva ( non rispondeva) Suni Agnelli a quelle richieste di aiuto.
SOCCORSO OCCORRE SUBITO. Qualche esempio. Una disgraziata di Pinerolo invoca soccorso perché ha firmato carte che non doveva firmare? Risposta della Grande Sorella ( altro suo soprannome giornalistico): « Mi è impossibile darle consiglio » . Un tifoso chiede perché il grande Dino Zoff è stato licenziato dalla Juve alla quale aveva dato tutto? Suni replica: « Non lo so » . Una ragazza, terrorizzata dalle manipolazioni genetiche, domanda alla fine di quaranta righe di angoscia pura: sono così necessarie? E la ( sventura- ta?) rubrichista ribatte: « No » . L’articolo Matelli/ Pardo ebbe successo e le non risposte dell’Agnelli diventarono un tormentone delle conversazioni ( radical chic? ma sì, radical chic; se pensate a cosa è venuto dopo con il cafonal pop, c’è molto da rimpiangere nel radical chic).
DIES IRAE. Adesso, sull’ultimo numero di Nuovi Argomenti, prestigiosa rivista che fu diretta e fondata da Alberto Moravia ( che Dio lo abbia in gloria il vecchio Maestro), appare un saggio di Alessandro Giammei, raffinatissimo sin dal titolo ( « Inter oves locum præsta » , un verso dal Dies Irae: « apprestami un posto tra gli agnelli » ) , che vuole sfatare il mito di una Susanna che se ne infischiava dei problemi dei suoi lettori ( da cui la laconicità, diventata proverbiale, delle sue risposte). Anzi, quella rubrica su Oggi sarebbe stata, forse, uno dei rari modelli di quello stile di vita borghese che in Italia ha attecchito poco o nulla. Ora non so dire se la dotta confutazione di Giammei ( « Confutatis maledictis, / flammis acribus addictis, / voca me cum benedictis » – traduzione: « Confusi i maledetti, / gettati nelle vive fiamme, / chiama me tra i benedetti » – , chi di Dies Irae ferisce...), colga nel segno. E non so nemmeno se a farmi velo non sia il fatto di essere un matelliano militante, come i frequentatori di questa pagina sanno bene.
SESSO E VOLENTIERI. La questione è, almeno per me, che a rileggere quelle rubriche balzano in primo piano i lettori che scrivevano a Susanna Agnelli. Le domande, non le risposte. La sedicenne di Venezia sconvolta dal traffico in camera da letto dei suoi genitori. I genitori di Milano affranti per la figlia ventenne scappata da casa con un giovanotto. Le due cognate che si rovinano la vita litigando tutto il giorno. Giorgia di Napoli che chiede se si deve sempre e comunque volere bene alla p ropria figlia. Vittoria di Como che si domanda se deve continuare a vivere senza sapere perché i genitori biologici l’abbandonarono...
Si rivolgevano a lei disgraziate di Pinerolo e sedicenni veneziane. Ora un dotto saggio della rivista Nuovi Argomenti analizza come rispondeva la sorella dell’Avvocato
Il termine deriva dal verbo latino colere, che nella lingua dell’antica Roma aveva molti significati: coltivare, curare, abbellire, ma anche vivere, frequentare qualcuno o essergli devoto. Identificare il comportamento che accomuna tutte queste azioni è facile: è quello di chi investe il suo tempo con pazienza e attenzione per veder crescere qualcosa, che sia una pianta, un rapporto, un progetto o una passione. La cultura è un processo di sviluppo continuo: quando smette di guardare avanti tradisce sé stessa.