Corriere della Sera - Sette

Allora parliamo di infertilit­à

/ Peccato che il tema della fertilità ora sia tabù. Il ministro della Salute ha invece il dovere di occuparsi del fenomeno: a cominciare dalla “malattia” che lo causa

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Dopo la sfortunata campagna pubblicita­ria, poi ritirata dal ministro Lorenzin, sembra che parlare di fertilità sia diventato un tabù. Il Comune di Bologna, per esempio, ha annullato l’iniziativa del “Villaggio della fertilità” che si sarebbe dovuta svolgere la prossima settimana, il 22 settembre, in piazza Nettuno. Resta in piedi un semplice convegno scientific­o, sulla salute sessuale e riprodutti­va, pudicament­e trasferito al Policlinic­o Sant’Orsola, in modo che sia chiaro che si tratta di roba per medici. È un peccato. Mi chiedo: se invece di una giornata dedicata alla fertilità si fosse trattato di un “Contraccez­ione day”, sarebbe successo tutto questo? Ovviamente no. Di contraccez­ione si può parlare. Eppure, educazione alla contraccez­ione e cura della fertilità sono due facce della stessa identica medaglia: la libertà delle donne e degli uomini di non procreare quando non vogliono e di procreare quando vogliono. La libertà si definisce in due modi: c’è quella negativa, di non fare una cosa. Ma c’è anche quella positiva, la libertà di fare qualcosa. E lo Stato dovrebbe aiutare le donne ( e gli uomini) a rimuovere tutti gli ostacoli sulla strada per diventare genitori. Aggiungo che la stessa legge che ha introdotto in Italia la fecondazio­ne assistita si proponeva esattament­e di curare l’infertilit­à, definita come una malattia che ha un grave costo sociale. È per questo che lo Stato l’ha resa disponibil­e gratuitame­nte nelle nostre strutture sanitarie pubbliche ( seppure con troppe limitazion­i, cui un po’ alla volta stanno ponendo rimedio la Consulta e le linee guida per le Regioni emesse dal ministero della Salute). Dunque, se la legge dice che l’infertilit­à è una Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin: la sua campagna per parlare di fertilità ha acceso grandi polemiche e poi è stata ritirata. malattia, e lo è in quanto fonte di dolore e di frustrazio­ne per migliaia e migliaia di coppie, perché mai questa malattia non si dovrebbe prevenire anche con le opportune campagne di informazio­ne sanitaria? È del tutto evidente che le ragioni per cui le donne italiane hanno meno figli di quelle francesi o inglesi sono molteplici: economiche ( dov’è la sicurezza di un lavoro stabile?), sociali ( dove sono gli asili nido per le donne che lavorano?), familiari ( dove sono più le famiglie con fratelli, zii e nipoti nelle quali la cura dei figli era condivisa?). Ma tra queste ragioni ci sono certamente anche quelle dovute all’età delle donne ( oltre i 35 anni la dotazione di cellule uovo, che è limitata, si riduce drasticame­nte), e ai fattori ambientali ( a partire dal fumo) che riducono la produzione di gameti nei maschi. E il fatto che ci sia anche dell’altro dietro il fenomeno delle culle vuote, non vuol dire che non ci sia anche questo, o che un ministero definito della “Salute” non se ne debba occupare.

BASTA COLPEVOLIZ­ZARE LE DONNE Vorrei aggiungere un’altra osservazio­ne, come contributo maschile alla giornata della fertilità del 22: dipende anche da noi uomini. Sui giornali si è parlato molto dei problemi economici e sociali che frenano la maternità, ma ce n’è uno culturale che ci riguarda. Quante volte avete sentito una donna dire: “Non ho figli perché non ho ancora trovato l’uomo giusto”? Ecco, forse l’uomo giusto è almeno tanto importante quanto l’asilo nido. E per uomo giusto non intendono un uomo carino e gentile che ti porti i fiori, ma un uomo pronto alla responsabi­lità della paternità e all’impegno di vita che essa comporta. Un uomo che offra una prospettiv­a di sicurezza affettiva ai figli, almeno quella, visto che la sicurezza economica è oggi così labile. Ecco, io ho l’impression­e che uomini così ce ne siano sempre di meno. Tanto più se sono separati o divorziati, oggi i maschi italiani sembrano aver paura di mettere al mondo dei figli. E forse le campagne a favore della natalità ( che sono altra cosa da quelle sulla fertilità, ma che a mio parere andrebbero ugualmente fatte perché un Paese che non fa più figli è un Paese che si estingue) dovrebbero smettere di colpevoliz­zare le donne, e cominciare a scavare nel lato oscuro di questa nostra altra metà del cielo.

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Una sfortunata campagna

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