Canzone di notte n. 2
/ I cambiamenti nel mezzo della crisi. Per strada, violenza politica. In Via Paolo Fabbri 43, a casa di Francesco Guccini, dai pensieri notturni italiani nasce la musica
di moda fra i giovani, per rivivere la metà dei Settanta secondo me è più indicativo osservare i vestiti di Corrado e delle sue vallette, le acconciature del pubblico dello Studio 5 di via Teulada in Roma, i colori delle scenografie e tutto lo stile tradizionale in diretta quelle domeniche pomeriggio del 1976. Nelle piazze e nelle strade, scontri politici tra estremismi opposti. Ma una strada in particolare raccoglie e restituisce sfumature della quotidianità dei Settanta: è Via Paolo Fabbri 43, indirizzo storico di Francesco Guccini, nonché titolo di un suo long playing e di una sua stereocassetta ( l’era del CD è di là da venire, mentre YouTube è un pianeta sconosciuto). In Via Paolo Fabbri, piccole storie ignobili, tristezze da pensionato, amori ideologici e annoiati, inkazzature avvelenate. E notti insonni: “E un’altra volta è notte e suono, / non so nemmeno io per che motivo, forse perché son vivo / e voglio in questo modo dire ‘ sono’ / o forse perché è un modo pure questo per non andare a letto / o forse perché ancora c’è da bere / e mi riempio il bicchiere”. È Canzone di notte n. 2. L’insonnia non nasce nei Settanta, anche se le notti dei Settanta portano consiglio e autocoscienza. Da allora si sviluppano bene le notti con dubbi, pensieri, incertezze, malinconie, depressioni, ricerca di aiuto ( inutile, “perché chi trovo mai sveglio a quell’ora della notte”), surrogati, palliativi, televisori accesi su programmi in bianco e nero e telecomandi azionati come i vecchi proiettori di diapositive: per cui un pornofotogramma di una tv privata sparisce con un colpo di tasto per lasciare il posto a poliziotti in divisa imbarcati su tante Alfa Romeo Giulia 1600 color grigioverde di un film dei Settanta da cui tutto è partito. “Eppure fa piacere a sera / andarsene per strade ed osterie, vino e malinconie, / e due canzoni fatte alla leggera / in cui gridando celi il desiderio
di Francesco Guccini, è nell’album che prende il nome dal suo indirizzo storico.
Le zampe di elefante. Arriva la domenica davanti al televisore, con un Corrado familiare ed elegante nei suoi vestiti antichi di 40 anni e i cravattoni
che sian presi sul serio / il fatto che sei triste o che t’annoi / e tutti i dubbi tuoi”. Già, perché chi sente la notte si illude anche di partorire pensieri altissimi, degni di essere ascoltati come quintessenza del vero. La notte amplifica anche l’autostima forse perché nel buio tutti gli ego sono grigi. Allora si vaga con il pensiero, se non lo si fa concretamente su strade buie, bagnate da pioggia e lacrime metaforiche sul proprio “io” incompreso dai giorni del mondo. Ci si avvita in ragionamenti spiraliformi in caduta libera, spinti fino al traguardo dell’alba. “E un’altra volta è notte e suono, / non so nemmeno io per che motivo, forse perché son vivo / o forse per sentirmi meno solo / o forse perché a notte vivon strani fantasmi e sogni vani / che danno quell’ipocondria ben nota, poi... la bottiglia è vuota”.