Che impatto le sembra abbia avuto l’Expo?
Sopra, l’attrice Cristiana Capotondi. A sinistra, l’Unicredit Pavilion, in piazza Gae Aulenti a Milano, diventato in poco più di un anno uno dei principali poli culturali della città. Un progetto nel nome della tradizione milanese di città della solidarietà, con Il cuore in mano. «Nel festival», spiega Capotondi (che è anche tra le protagoniste del film di Kim Rossi Stuart, appena uscito), «abbiamo cercato di accostare al cinema diverse eccellenze milanesi, dalla solidarietà, al design, alla moda, grazie alla capacità che ha questa città di trasformare un’iniziativa in un grande evento. Da romana, mi sono innamorata della sua attitudine a essere concreta, pragmatica, sempre in grado di raggiungere gli obiettivi».
«Un’occasione d’incontro, condivisione e divertimento, accanto a proiezioni, dibattiti, letture, musica. Vorrei che fosse una festa popolare ricca di contenuti, in un bellissimo spazio all’aperto, l’ex campo di grano». Molti sostengono che Milano stia vivendo un momento felice di vitalità e ripresa culturale. «Sono d’accordo. Credo che il futuro della cultura debba essere sostenuto anche dalla floridità economica: più la città ha risorse per attrarre turisti e visitatori, più ha l’opportunità di aprirsi, di valorizzare e mettere in mostra i propri gioielli, anche quelli nascosti, penso per esempio ad alcuni splendidi cortili». Il Fuorisalone, durante la Settimana del Design, potrebbe essere un modello? «Sì, il Salone del Mobile è una fiera ma anche un evento culturale e di divertimento che coinvolge tanti luoghi della città. Allo stesso modo, mi piacerebbe che in futuro, in concomitanza con Fuoricinema, locali e associazioni decidessero di organizzare piccoli cineforum. In queste tre giornate Milano potrebbe diventare la capitale dell’audio video». «All’inizio in tanti si chiedevano se ce l’avremmo fatta, poi però tutti hanno cominciato a tifare per l’Expo, come succede per la nazionale di calcio. E alla fine il risultato è stato positivo». La Lombardia, e Milano in particolare, è diventata un luogo privilegiato per le ambientazioni cinematografiche. Dal gennaio 2016 si conta circa un set al giorno. Perché, secondo lei? «Milano ha tante anime, dal punto di vista dell’architettura è molto varia, spazia da palazzi storici, a grattacieli, a case di ringhiera. E anche il tessuto sociale è composito, si va dalle zone più benestanti fino alle nuove periferie abitate da immigrati. Insomma, un set d’eccezione».