Fratelli d’Italia, un inno per Marco Ferrante
Piaceri&Saperi / La crudele bellezza di una storia famigliare che racconta i borghesi grandi grandi, tra amori, odi e gadget extralusso
Ignoro quale sia l’inno personale di Marco Ferrante ( il mio è Max di Paolo Conte). Se lo sapessi lo intonerei adesso per salutare con l’enfasi dovuta il gran bel romanzo che ha scritto. Si intitola, ed è uno dei titoli più accattivanti degli ultimi tempi, Gin tonic a occhi chiusi, e racconta una storia corale, quella della famiglia Misiano, potente tribù romana, e delle persone che la circondano. Per capire che tipo di ( bravo) scrittore sia Ferrante bisogna fare qualche esempio. Uno riguarda certe sue disinvolture nella guida della macchina narrativa. Certe avvertenze come questa: « Brevissimo – e molto facoltativo – paragrafo per appassionati su alcune preferenze nei gusti e nella vita di Anna Rangone, utile per l’approfondimento sul carattere, ma non per la trama » . Ferrante sa che ogni scrittore è anche portinaio. Così il libro è preceduto da una specie di plafoniera di citofono con i nomi dei personaggi. C’è Edoardo Misiano, il pater familias, grande avvocato, uomo intelligente e buono, « porschista e ideologo di barche » . C’è la moglie Elsa, ricchissima di suo, cinica, comandiera ( ha cresciuto i figli sottoponendoli a una durissima competizione fratricida). « Molto di quello che leggerete è colpa sua » , annota l’autore inchiodandola alle sue responsabilità. E poi ci sono loro, i tre fratelli pargoli Misia- no. Il primogenito Gianni ( fiscalista da un milione di euro all’anno), uno che già da ragazzo studiava da esperto di dossieraggio e teneva in un archivio « le brutte copie delle versioni di latino dei compagni a cui aveva passato il compito » . Il secondogenito Paolo, politico e uomo fragile che « ha una moglie compatta, con una sensualità matrimoniale » ) , ma anche l’amante, Teresa Sasso, che « traffica ai confini di un generico mignottismo morale, ma non solo morale » . Tutti i personaggi del romanzo sono molto contemporanei, ma Teresa lo è, forse, più di ogni altro. Lei è alla ricerca di una dimensione pubblica, « ma le è indifferente il tipo di dimensione pubblica: politica, fiction, giornalismo, varietà e gare da ballo, tutto va bene, purché sia nel contenitore della fama » . Il terzogenito Ranieri, giornalista ed erede di una bella fortuna in quanto cocco di zia single. Studi all’estero, esteta estenuato, Ranieri può intrattenere per ore su quali siano i migliori bicchieri neri ( Pathos? Fine Factory?) e poi si porta a letto l’ascoltatrice di turno. Lui sa come si ordina un cocktail meglio di James Bond ( « Martini, ghiaccio appena sciacquato e Fifty Pounds » ) e deve essere il personaggio preferito dall’autore ( il titolo è dedicato a lui e ne celebra le doti di barman provetto). Però, favoritismi d’autore a parte, ricordatevi che i fratelli Gianni e Paolo considerano all’unisono Marco Ferrante, giornalista (eccelle nei ritratti), sposato, tre figli e quattro libri (compreso questo), è nato a Martina Franca nel 1964 e lavora a La7. Nell’altra pagina, Truman Capote.