«No, non è la Bbc», in tutti i sensi
Dal 16, gli spettatori italiani vedranno la mini-serie inglese sul capolavoro Purtroppo, non sulla tv di Stato
No, non è la Bbc, questa è la Rai, la Rai- tv » : così recitava un vecchio adagio dell’Alto Gradimento, che abbiamo tutti plagiato e attualizzato più d’una volta, ultimo, profeticamente, lo stesso Renzo Arbore, nel fare gli auguri al nuovo vertice “renziano” di viale Mazzini. In questi giorni, tutti quelli che guardano la televisione – e non è il caso, notoriamente, di quelli che comandano in Rai – hanno un’altra bella occasione per capire di che cosa si parla, quando si parla di Bbc, perché arriva sulla tv italiana la nuova mini- serie su Guerra e Pace, una sorta di versione kolossal in salsa Downton Abbey della storia tolstoiana ( e che sia detto in un sussurro, per evitare che le spoglie dell’inquieto Lev si ribaltino e finiscano dentro al burrone accanto a cui sono conservate, nel bosco della sua tenuta di Jasnaja Poljana). Questo grandioso costume- drama in otto episodi da un’ora ciascuno, con un cast di richiamo ( dagli attori, tra cui Paul Dabo, Lily James, James Norton, Gillian Anderson e Greta Scacchi, allo sceneggiatore di lungo corso Andrew Davies e al regista 35enne Tom Harper), vanta già buone critiche perché in mezzo mondo si è visto questa primavera. In Italia non resta inedito per merito de laeffe, piccola rete che, nascendo da una costola di una casa editrice che di rosso sventola ormai soprattutto il colore dei bilanci, la Feltrinelli, si è appena salvata in corner con l’inserimento nel bouquet satellitare di Sky al canale 139. Ma la grande massa dei telespettatori del di- gitale terrestre, che pure ha appena versato il canone sulla bolletta dell’elettricità, al venerdì sera non si potrà abbandonare alla nuova “serie maledettamente intrigante” su Guerra e Pace ( parole del critico Usa di Entertainment Weekly). Purtroppo anche nella “nuova” Rai non ci si cura dei successi di qualità internazionali: tutt’al più, sarà qualche vispo funzionario di Rai4 a recuperare anche questo prodotto. Da una rapida prima occhiata, ci aspetta un autunno noiosissimo sui grandi canali Rai, dove rivedremo in onda tanto di quello che dovrebbe restare a impolverarsi negli archivi: idee, trasmissioni, personaggi. Come al solito quando si parla della tv pubblica, quel che va in onda e ciò che accade dentro viale Mazzini hanno un riflesso politico immediato. E così la vecchissima “nuova” Rai si erge come un segno di contraddizione palesemente stridente nell’epoca del “rottamatore” Renzi. E lo sanno per primi molti fedelissimi del presidente del Consiglio. D’altronde, nei giorni in cui venivano direttamente alleggeriti del canone ( con una riforma che crea nuove distorsioni strutturali anche sul mercato pubblicitario), gli italiani hanno avuto notizia del mucchio di quattrini che s’invola negli stipendi dei vertici: si parte con i 600 mila euro di Antonio Campo Dall’Orto, che da soli valgono come la retribuzione di circa 3 top manager televisivi della Bbc ( nella Rai inglese i vertici hanno stipendi medi annuali di 250 mila sterline). Spiace, per Renzi, quel « No, non è la Bbc » suona proprio male.