QUEI TRENTAMILA LADINI, FIGLI DEI FIGLI DEI FIGLI DEI SELVAGGI
Fieramente orgogliosi della loro tradizione, i ladini attestati nel cuore delle Dolomiti, tra le valli di Fassa, Gardena, Badia, Ampezzo e Livinallongo, oggi parlano ancora la propria lingua circa in trentamila, più i cugini friulani e walser con cui si sono ritrovati quest’anno al passo Sella per festeggiare i 70 anni dalla Gran Scontrèda sul Jouf de Sella. L’orgoglio ladino si fonda persino sull’ipotesi che queste popolazioni siano i discendenti dalle tribù selvagge che si rifugiarono nelle valli interne nel 15 avanti Cristo, quando i Romani vinsero la guerra retina e fondarono Bolzano, ma è stato riscoperto solo a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, per poi sfociare nella fondazione dell’Union Ladina prima (1905), e nell’Union de Ladins poi (1946). A lungo annidato nella bassa Badia, l’orgoglio ladino oggi s’estende anche al territorio che i cugini di sotto definivano dei “badioti”, al punto che curiosamente un albergo d’inizio Novecento perfettamente restaurato, come il Berg Hotel Ladinia, domina su Corvara. Dal punto di vista linguistico si fissa intorno al X secolo il periodo in cui finisce l’uso generalizzato del termine “Latinus” per indicare la lingua che era stata dei romani e viene introdotta la specificazione di “Latinus-Ladin” per indicare le aree residuali di gergo popolare locale, in primis per la lingua romanza parlata in Engadina.