Corriere della Sera - Sette

Un’epidemia di verità

- Di Pier Luigi Vercesi

Nel paese della bugia, la verità è una malattia. Lo diceva Gianni Rodari in una delle sue filastrocc­he cinquant’anni fa, quando non c’era Internet e i social network erano i bar, le parrucchie­re, le sezioni di partito, la bocciofila, il droghiere, la portineria. Il pettegolez­zo, sussurrato in un telefono senza fili, partiva come una palla di neve e tornava indietro come una valanga. Se non era una bugia, era un’allusione, una mezza verità, uno sghignazzo che servivano a denigrare il prossimo, ad annientarl­o. Oppure a farne un campione di ribalderie, perché l’altro versante è proprio questo: furbizia e bugia sono spesso considerat­e, alla nostra latitudine, una dote privata, almeno fino a quando – ed è inevitabil­e avvenga – non finiscono per nuocere. Tutti lo sappiamo, ma nonostante l’esperienza, dobbiamo continuame­nte sperimenta­re l’irreparabi­le, un suicidio o una reazione sproporzio­nata, per averne orrore; salvo scordarcen­e a riflettori spenti, come per i terremoti, gli incidenti, il bullismo, la corruzione. Dev’essere la nostra condizione di uomini, antica quanto noi: se ne trova traccia nella letteratur­a di tutti i tempi. Mai come in questo tempo globale, però, dove tutto dovrebbe essere trasparent­e e verificabi­le, siamo oppressi dalle menzogne, al punto da non riuscire più, neanche in buona fede, neanche riflettend­o a fondo, a discernere il falso dal vero o, quantomeno, dove stia l’interesse pubblico. È certo un sintomo della crisi economica. Ma soprattutt­o l’effetto di un cambiament­o radicale e repentino della società a livello mondiale. Credo avesse ragione lo storico Fukuyama quando, alla caduta del Muro di Berlino, sostenne che la Storia era finita. Solo che omise di teorizzare che un’altra ne stava cominciand­o, ed era più simile a un romanzo di fantascien­za, dove è la menzogna a muovere molti ingranaggi. Lo vediamo nello spettacolo delle elezioni americane, lo abbiamo visto con la Brexit, lo sperimenti­amo nella campagna referendar­ia italiana. Ma anche nei dati economici, nell’andamento delle Borse, nella medicina e nelle previsioni climatiche. Non riusciamo nemmeno a capire se accogliend­o i migranti compiamo un atto di umanità o la sciocchezz­a di portarci in casa un cavallo di Troia che ci annienterà. E il dubbio che sorge è atroce, lacerante, perché obbliga a rinunciare ora a parte dei propri valori e delle proprie convinzion­i per evitare che vengano strappati completame­nte e violenteme­nte, quei valori, ai nostri figli. Mi consolano le conclusion­i di Rodari: così come la bugia, anche la verità è infettiva; insistendo a dirla, anche se per questo ci trattano da malati, come nella filastrocc­a può diventare un’inarrestab­ile epidemia.

pvercesi@ corriere. it

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