Attentati assassini compiuti da assassini
/ A 50 anni dalla strage al Brennero che fece tre vittime, fra i fanatici separatisti c’è ancora chi dice: «Le nostre bombe sono diverse». Non hanno ancora capito nulla
Ora / non senti nessuna voce / fra gli echi della sera. / Tanto ma tanto silenzio lì intorno / non fa paura / si muore bene in silenzio. / E una campana tra i monti / racconta alla gente lontana / di te che sei morto per niente lassù. / Nella tua casa / di pietra bruciata / non han mai visto la neve. / Ora sul muro / è rimasta soltanto / quella tua foto / stringevi in mano il fucile. / E una campana in paese / racconta a una donna che piange / di quel tuo fucile che non servì a niente. / T’hanno ammazzato / quasi per gioco / per dimostrare alla gente / che tra quei monti / la voce del tempo / degli uomini uccisi / non deve contare più niente… » Sono passati cinquant’anni da quel pomeriggio di settembre in cui Valerio Negrini, su musica composta da Roby Facchinetti, scrisse Brennero 1966. Una canzone molto bella che, in quella Italia di « Se questo ballo non finisse mai » o « Una rosa da Vienna » , se ne infischiava delle rime baciate cuore/ amore e parlava di bombe, terrorismo, conflitti etnici. Al punto che la Rai decise di censurarla e impose ai Pooh, come condizione per partecipare al Festival delle Rose nell’ottobre successivo, di cambiare alcune strofe e il titolo, modificato in Le campane del silenzio. Rassicurante. Eppure non è bastato mezzo secolo, ai fanatici seguaci del Befreiungsausschuss Südtirol, il Fronte per la liberazione del Sudtirolo ( fanatici che non vanno mai confusi con chi legittimamente si batte perfino su posizioni radicali per l’autodeterminazione ma con metodi dichia- In 32 anni di guerriglia fatta con esplosivi, mitra e mine antiuomo, i morti sono stati 21, 57 i feriti, 157 le persone condannate. ratamente ostili alla violenza) per capire quanto quegli attentati assassini fossero appunto attentati assassini compiuti da assassini. « Trentadue anni di guerriglia, dal 20 settembre del 1956 al 30 ottobre del 1988: 361 attentati con esplosivi, raffiche di mitra e mine antiuomo » , riassume l’Alto Adige, « Ventuno morti, di cui 15 rappresentanti delle forze dell’ordine, due cittadini comuni e quattro terroristi, dilaniati dagli ordigni che loro stessi stavano predisponendo. E poi 57 feriti: 24 fra le forze dell’ordine, 33 fra i privati cittadini. Sono le cifre ufficiali del terrorismo in Alto Adige. Diciassette le sentenze passate in giudicato: la magistratura italiana ha condannato 157 persone, di cui 103 sudtirolesi, 40 austriaci e 14 germanici della Repubblica federale » .
OSTILITÀ E TRITOLO. Tutti numeri che ai faziosi, a dispetto dei buoni rapporti che da decenni consentono a tedeschi e italiani di vivere serenamente gli uni accanto agli altri nel Sudtirolo- Alto Adige, entrano da un orecchio ed escono dall’altro. Come nel caso della « devota » Eva Klotz, palpitante e materna se parla di papà Georg ( che secondo Gianni Roghi si accanì solo sui tralicci ma non uccise nessuno, non sparò mai a freddo a nessuno e dichiarò che non ne sarebbe mai stato capace) ma del tutto indifferente alla morte di chiunque, fosse pure un ferroviere, stava dalla parte dell’Italia. Tanto che nelle 360 pagine del libro sul padre non c’è una riga ( non una!) sui morti italiani. Che le importa? Morirono in tre, nell’attentato del 9 settembre 1966 alla caserma della Finanza di Malga Sasso: il vice brigadiere Herbert Volgger, il finanziere Martino Cossu, il tenente Franco Petrucci. Tutti giovani e giovanissimi. Tutti innocenti. Vi pare ora possibile che nel cinquantenario della strage una matura signora laureata in storia ( in storia!) come Martha Stocker, assessore della Svp, possa insistere nel definire « le nostre bombe diverse da altre » ? Ci sarà o no una differenza tra l’ostilità al Monumento alla Vittoria, al bassorilievo col Duce a cavallo, alla italianizzazione fanfaniana delle case popolari, alla « romanizzazione » dei toponimi e i candelotti di tritolo?