Il fanatismo smascherato (tre secoli fa)
/ «Salvare anime», scriveva nel ’700 il conte di Shaftesbury, «è diventata la passione eroica degli spiriti esaltati». Che orrore fa chi si sente in missione per conto di Dio
Che cosa ha da dirci un nobile inglese nato a Londra nel 1671, Anthony Ashley- Cooper, terzo conte di Shaftesbury, educato da John Locke e dedicatosi tutta la vita alla politica, alla filosofia, alla morale e alla religione? In realtà abbastanza. Perché, a saperlo decifrare, si capisce che sta parlando anche a noi, di noi. Basta leggere la sua Letter Concerning Enthusiasm per rendersene conto. E non a caso, premesso che nel Settecento per dire “fanatismo” si diceva “entusiasmo”, proprio adesso Chiarelettere pubblica, appunto, Lettera sul fanatismo. « Ma Signore, voi forse vi stupirete che, entrato in un argomento serio quale la religione, io sia distratto a tal punto da dar libero corso alla satira e all’ironia. Debbo dire, Signore, che ciò non è accaduto per puro caso. A dire il vero, quando rifletto sopra quest’argomento, e tanto più quando ne scrivo, mi sforzo di farlo con la maggior serenità possibile. Le persone che non conoscono la moderazione, ma son sempre sopra le righe, poco sanno dei dubbi e degli scrupoli religiosi... » . Ecco quindi – come si legge nella piacevolissima e profonda introduzione di David Bidussa – che Shaftesbury analizza una visione della politica la cui finalità è quella di “salvare le anime” e il cui portatore si sente “in missione per conto di Dio”. « Salvare anime » , scrive Shaftesbury, « è diventata ormai la passione eroica degli spiriti esaltati e, in qualche modo, la principale preoccupazione del magistrato e il vero fine del governo » . Così, tra richiami alla ragione, critiche della tolleranza – sentimento che nasce dal presumersi superiori di fronte a ciò che si presenta come avversario ed è classificato come arretrato – e maturazione di « rapporti esigenti sui contenuti della scelta fanatica e dunque sui sentimenti, sulle convinzioni che portano ad assumerla e a condividerla » , Shaftesbury/ Bidussa ci portano a mettere in discussione il nostro tempo. Tempo di foreign fighters, di violenza, di indebolimento dei meccanismi di autorità senza che ciò inauguri un’epoca di libertà. « Un tempo in cui si è diffusa la convinzione che il futuro sia “in esilio”, in cui qualsiasi promessa di riscatto, di emancipazione, comunque di miglioramento, è annullata, rinviata sine die. E se è così, perché aspettare? E aspettare non equivale a subire? » . E, come scrive il terzo conte di Shaftesbury, quando siamo pieni di apprensioni e di paure, quando il disagio e il dolore ci hanno privati della calma e della serenità, « scorgiamo nella divinità furore, ira, brama di vendetta e terrore » .