Se il corpo femminile porta la pace
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Uno sciopero del sesso, proclamato congiuntamente dalle donne ateniesi e spartane, può costringere gli uomini a stipulare la pace? Aristofane, nella Lisistrata ( 411 a. C.), mostra gli effetti terapeutici dell’eros: facendo leva sulla forza irresistibile del corpo femminile, Lisistrata ( il suo “nome parlante” anticipa l’azione pacificatrice: « colei che scioglie gli eserciti » ) e le altre ribelli “curano” i maschi ateniesi e spartani dalla follia della guerra, costringendoli a cessare ogni conflitto militare. La strategia di Lisistrata – cosciente che spetti solo alle donne porre termine alle ostilità ( « riposa su di noi la salvezza di tutta la Grecia » 29- 30) – è chiara: « Noi stiamo in casa tutte agghindate, nude […], depilate; gli uomini arrapati morranno dalla voglia di fottere. Ma noi diremo di no, […] e allora vedrete che concluderanno la pace » ( 149154). Però l’impresa non è facile. Innanzi-
« Se aveste cervello, trattereste le cose dello Stato proprio come la nostra lana. […] Prima di tutto, come si fa con la lana, togliendo via con un bagno il sudiciume della città. […] Poi cardare quelli che tramano in società per le cariche, e spelargli bene la testa. Poi in un paniere mescolare la concordia comune e pettinarla, mettendo insieme i meteci, gli stranieri che vi sono amici, i debitori dello Stato »
tutto l’eroina ateniese dovrà combattere sul fronte interno: persuadere alcune recalcitranti alleate ( « sono disposta a camminare in mezzo al fuoco […]. Ma il cazzo… niente lo vale, cara Lisistrata » 133135) e, in seguito, impedire loro di cedere al desiderio di ritornare, con banali scuse, dai mariti ( « A casa ho della lana di Mileto e ho paura che me la mangino le tarme » 728- 730). E, nello stesso tempo, dovrà anche neutralizzare gli avversari del fronte esterno: conquistato il tesoro dell’Acropoli per bloccare guerra ( « Per custodire il denaro e impedire che per esso si faccia la guerra » 488) e corruzione ( « C’è sempre del torbido, in modo da permettere a Pisandro e agli altri che aspirano alle cariche pubbliche di rubare » 490- 492), sarà necessario resistere alle reazioni delle autorità ( « se siamo uomini con coglioni, dobbiamo difenderci » 661). Così – dopo un fuoco d’artificio caratterizzato da battute oscene, da giochi di parole, da allusioni alla vita politica, da scontri tra cori, da crudeli provocazioni ( si pensi a Mirrina che, fingendo di accettare l’invito del marito, lo lascia poi a bocca asciutta) – i maschi finiscono per cedere: Ateniesi ( « Se qualcuno non ci aiuta a concludere la pace, […] va a finire che fotteremo Clistene » 1090- 1092) e Spartani ( « È una cosa terribile che questi ci vedano così arrapati » 1098- 1099) accettano di fare la pace ( « Sarà dunque il caso di chiamare Lisistrata, la sola che possa farcela fare » 1103- 1104). La politica, in fondo, richiede quella stessa accortezza che le donne usano nella gestione delle cose domestiche ( « quando la matassa è ingarbugliata la prendiamo e la dipaniamo sui fusi […] così […] sbroglieremo la guerra » 567- 569): bisogna ripulire la città come si pulisce la lana e « cardare quelli che tramano in società per le cariche, e spelargli bene la testa » ; ma, soprattutto, è necessario mettere assieme « meteci » e « stranieri » , considerando « le città dove abitano coloni ateniesi » come « bioccoli caduti per terra » , in maniera da « prenderli e raccoglierli insieme e farne un grande gomitolo, da cui tessere un’unica tunica per il popolo » . La pace e la concordia fanno crescere la civiltà. Le guerre e la xenofobia la uccidono.