C’è solo un modo per fare
La nuova informazione Rai sembra come le ultime rivoluzioni pedagogiche. Mentre gli spettatori vorrebbero più concretezza
ono un po’ come le grandi riforme della scuola che ogni tanto qualche mente illuminata prova a imporre, i tentativi annunciati a ogni giro di boa politicotelevisivo di rivoluzionare i programmi cosiddetti d’approfondimento. E, così, lo spettatore avvertito si trova a disagio come i bravi maestri di una volta. La scuola del mondo iper- techno- capitalista parla rigorosamente inglese: il programma scolastico sperimentale punta diritto allo “Smart Future”, libri e quaderni stanno tutti nel tablet, la lavagna è elettronica, interattiva e multimediale. Del resto la cara vecchia “Classe” è ormai una “Digital Classroom”. La Lezione lascia il posto alla “Lesson”, il maestro al “Teacher”, tutti rigorosamente preceduti dall’aggettivo “Flipped”, ovvero capovolto, dove il capovolgimento è che l’insegnamento tradizionale ( verticale e basato sui programmi) lascia il campo ai cosiddetti EAS, Episodi di Apprendimento Situato, un metodo che, secondo il suo più rigoroso teorico ( il professore Pier Cesare Rivoltella, un cognome, per così dire, di fatto), « rafforza la conoscenza per la sua applicazione creativa nel contesto reale, con tutti gli strumenti reperibili, digitali e non » . Qualcosa di analogo è successo nella nuova Rai, alle prese con il problema di « una narrazione televisiva del Paese » , come dice il Premier, troppo urlata. Allora, meglio togliere subito dal titolo del programma clou ogni riferimento in stile cagnara da talk- show, e al posto di un altro mercato all’aperto palermitano ( Ballarò, appunto) arriva un logo da Smart Future, Politics. Per il conduttore, meglio una scelta che piove dal cielo, pardon, da Sky (= cie-
Slo), con tanto di volto “pallido wasp” su camicia azzurra, non l’abbronzatura mediterranea in risalto sul colletto bianco alla Giovanni Floris. Al posto degli scontri verbali, interviste faccia- a- faccia con singoli ospiti e moderati “question- time” con il contasecondi elettronico. In studio, invece delle opposte tifoserie politiche, arriva “l’Italia vera”, a cominciare dai sindaci e dai professori. Altra svolta chiave: s’introduce un pugno di esperti ragionatori, ovvero, per dirla nel linguaggio neoscolastico, dei “flipped guest”, ospiti capovolti, per profilo di vivacità e tendenziosità, rispetto al circo degli opinionisti Travagliati. Ovviamente, qua e là si dà spazio anche a una piccola inchiesta a tema, magari basta una precisa scheda informativa firmata da una giornalista esterna, così lo spettatore può prendere spunto per… l’Episodio di Apprendimento Situato. Certo, bisogna dare tempo anche all’ottimo Gianluca Semprini ( nella foto), per carità, ma questa “nuova” linea pedagogico- televisiva non sembra granché. Aldilà dei circa 800 mila spettatori della seconda puntata ( un magro 3,45% di share), pesa anche l’abitudine consolidata al vecchio modello forte “samarcandista” dell’approfondimento, che domina dalla seconda metà degli Anni 80. Così ormai uno spettatore fatica a capirci qualcosa, in concreto, di un qualunque problema italiano, e deve aver la pazienza di aspettare magari quei pochi esemplari minuti di coraggiosa newsanalysis, come è il caso de Il Punto di Paolo Pagliaro che Lilli Gruber può sfoderare a Otto e mezzo quando sente l’eco dei bla- bla. Valgono più quei punti di tutti le esse anglofoni della nuova Smart Rai.