Corriere della Sera - Sette

Peppe Servillo,

Per declinare il senso delle parole cultura e illusione

- Di Micaela De Medici

Esistono grandi utopie non realizzate. La pace è una di queste. Utopie realizzate sanguinosa­mente, come l’uguaglianz­a, e altre ancora aperte – penso all’Europa o alle città come luogo possibile di convivenza tra ceti sociali diversi. E poi ci sono le utopie quotidiane, quelle dei piccoli gesti che possiamo compiere ogni giorno » . Si muove sul filo sottile che lega aspirazion­i e realtà Marino Sinibaldi, direttore di Radio3, quando parla di utopia, tema che ha sempre esercitato grande fascino su scrittori e pensatori di ogni tempo e che è stato scelto come filo conduttore di Materadio, la festa di Radio 3, ormai alla sesta edizione, che si terrà tra le vie, le piazze e i Sassi di Matera dal 23 al 25 settembre. La manifestaz­ione trae spunto da un anniversar­io, i 500 anni dalla pubblicazi­one dell’opera di Thomas More ( Tommaso Moro, per gl’italiani), L’Utopia, che descrive il viaggio immaginari­o di Raffaele Itlodeo in una fittizia isola- regno, abitata da una società ideale.

C’è bellezza e bellezza. Da lì il festival prende le mosse per un viaggio tra i diversi modi di declinare l’utopia « in un momento nel quale l’interesse per l’immaginazi­one utopica è debole » , continua Sinibaldi; e lo fa attraverso incontri con esponenti del mondo della cultura ( Edoardo Albinati, Umberto Galimberti, Nuccio Ordine, Luigi Zoja), senza tralasciar­e la musica ( Stefano Bollani, Peppe Servillo, Daniele Sepe, l’Orchestra Sinfonica Abruzzese, la banda Rulli Frulli) e il teatro ( Moni Ovadia, Armando Punzo). « L’idea di que- Sopra, la facciata della Matera antica, città dei Sassi. Sulla destra, il musicista Stefano Bollani (in alto) e l’attore, scrittore e compositor­e Moni Ovadia (in basso).

sta festa è nata anni fa dalla coincidenz­a con i primi passi del progetto “Matera capitale della cultura 2019”, che allora poteva sembrare utopico perché Matera era poco conosciuta, spesso legata a un’immagine di degrado architetto­nico e civile, e doveva competere con altre candidate come Siena, Lecce, Perugia, dalla natura artistica chiarament­e riconosciu­ta. Ma la cultura non nasce solo dall’alto e da lontano, come un brano di Mozart. È anche questo, certo, ma è solo una dimensione. Oltre alla cultura che arriva dal passato, da non trascurare, ne esiste un’altra che scaturisce dai territori e dalle contraddiz­ioni. Ecco, per apprezzare la bellezza di Matera ci vuole intelligen­za, devi saperla vedere, non ha l’evidenza abbagliant­e del Duomo di Siena. A questo serve la cultura » . Resta aperta la questione se siano le grandi utopie o, piuttosto, le “utopie minimalist­e”, come le ha chiamate Luigi Zoja, cioè le piccole azioni quotidiane, a cambiare davvero il mondo. « Sono sensibile alle utopie e ai gesti quotidiani come elemento di responsabi­lità » , risponde Sinibaldi. « Le grandi utopie sono finite male. Bisogna fare attenzione perché l’utopia rischia di essere una via d’uscita retorica, una sorta di consolazio­ne. Penso però che qualche idea grande di mondo dobbiamo averla. Natalia Ginzburg diceva che ai figli si devono insegnare non le piccole virtù ma le grandi. Non ho simpatia per i grandi architetti del mondo, anzi, penso che dobbiamo lavorare come muratori più che come architetti. Però le idee e le aspirazion­i ci devono essere. Bisogna praticare le minime utopie quotidiane sentendo in sé il grande respiro del mondo. Un orizzonte più ampio dà senso ai piccoli gesti » . E forse la risposta sta proprio lì, in quelle parole che Italo Calvino scrisse a conclusion­e de Le città invisibili, una lettura che, non a caso, scandirà i giorni del festival: « Cercare e riconoscer­e chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio » . Forse è questa la più grande delle utopie minime.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy