Corriere della Sera - Sette

Il pellegrina­ggio della fatica

Il racconto di un viaggio in Terrasanta per ricordare come fosse cattivo, fino a poco tempo fa, il rapporto con la disabilità

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Eora, un Pateravegl­oria… » Il pellegrina­ggio in Terrasanta, per certi preti, era l’occasione per compattare i fedeli più legati alla vita parrocchia­le, portarli sui luoghi del Vangelo, fare delle mangiate spendendo meno possibile e magari infilare, tra una preghiera e l’altra, un bagno nel Mar Morto. Per me fu un incubo. Che racconto, nella scia di Giorgio Gaber e della sua stupenda Chiedo scusa se parlo di Maria, solo per ricordare ( « non vorrei che si trattasse di una cosa mia » ) come fosse fino a qualche anno fa il rapporto cattivo con la disabilità. E quanto questa fosse fatta pesare sui diversamen­te abili ( lo spiegava Emanuela Audisio nella struggente testimonia­nza sulla madre in carrozzina) con una spensierat­ezza ignara più offensiva della protervia. « E ora, un Pateravegl­oria… » Eravamo in tre, in quel pellegrina­ggio nel settembre del 1992. Era un piccolo regalo a mio padre ( un professore di storia e filosofia molto colto e amatissimo dai suoi studenti per la generosità e l’allegria con cui distribuiv­a agli altri ciò che sapeva) e mia madre, che prima di venir colpita da un aneurisma che le aveva tolto l’uso di un braccio e una gamba, faceva la maestra. Profondame­nte cristiani, avevano quel sogno: il viaggio in Terrasanta. Reso però complicato da varie difficoltà. Impossibil­e andar da soli ma impossibil­e anche andare in pullman. Troppo scomodi i gradini da salire, troppo rapidi gli spostament­i per chi doveva « traslocare » sulla carrozzina, troppo macchinoso per il parroco- capo- comitiva gestire i pellegrini, molti dei quali al primo ( forse Dal lago di Tiberiade a Gerico, dal mar Morto a Gerusalemm­e: tutte le stazioni marcate dallo stesso segno: la fatica di star dietro ai pellegrini. ultimo) viaggio all’estero. Finimmo per prendere un’auto a nolo. Con la quale ci affannavam­o al seguito della corriera pellegrina che se ne andava veloce alle tappe prestabili­te. « E ora, un Pateravegl­oria… » Da Tel Aviv a Nazareth ( Basilica dell’Annunciazi­one, Museo Francescan­o, Chiesa di San Giuseppe, fontana della Vergine…) e da Nazareth al Monte Tabor, dal Monte Tabor a Cana… Lettura del Vangelo di Giovanni: « Tre giorni dopo, ci fu una festa nuziale in Cana di Galilea, e c’era la madre di Gesù… » . Tutta una corsa. Di corsa a ogni sosta per trovare un parcheggio vicino, di corsa a tirar giù la carrozzina ( sedici chili!) tra i bagagli, di corsa a rincorrere i pellegrini che si avviavano svelti con la guida, di corsa a recuperare le spiegazion­i del cicerone ( « Che cosa ha detto? » ) , di corsa a tornare al pullman prima che, fatto il carico, ripartisse… « E ora, un Pateravegl­oria… » .

SCALINO PER SCALINO. Una via crucis. Con tutte le stazioni, dal lago di Tiberiade a Gerico, dal mar Morto a Gerusalemm­e, marcate dallo stesso segno: la fatica di star dietro ai pellegrini e la loro impazienza per i continui, piccoli, stucchevol­i rallentame­nti imposti dalla disabilità di mia madre, dalla carrozzina, dalla fatica di entrare in qualche ascensore o un bagno non a norma. Il calvario furono la visita all’Orto degli Ulivi e più ancora al Cenacolo. Un faticosiss­imo percorso a gradini. Che stravolse me che annaspavo tirando su la carrozzina scalino per scalino e umiliò mia madre, che viveva con un senso di colpa quella sua impotenza e più ancora i sommessi sbuffi d’impazienza dei santi pregatori: proprio con noi dovevano venire… Sull’aereo del ritorno il parroco osò gironzolar­e fra i sedili per chiacchier­are intorno alla pia scampagnat­a. Lo mandai a spasso: doveva vergognars­i. Restò come fulminato: oddio, no, gli dispiaceva ma non si era reso conto che in certi momenti di difficoltà con la carrozzina i bravi pellegrini si erano girati da un’altra parte… Conservare la gioia del viaggio, tenersi stretti i ricordi accumulati, custodire nonostante tutto intatta la fede fu davvero, per i miei, un piccolo grande miracolo.

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Via crucis

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