Corriere della Sera - Sette

Mi commuovo per l’Inno di Mameli

/ Abbiamo chiesto a EVELINA CHRISTILLI­N di raccontare i 10 brani musicali che hanno segnato la sua vita

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Torinese doc con background umanistico, Evelina Christilli­n ( 1955) è una manager dal curriculum straboccan­te. Si laurea in Storia e rimane per un breve periodo in università, dove ritorna anni dopo per insegnare Storia dello sport. Nel frattempo una carriera all’Ufficio Stampa della Fiat, dove si occupa di eventi. Nazionale di sci dal 1970 al 1974 non ha mai abbandonat­o la passione per l’agonismo. Nel 2006 è presidente del Comitato promotore di Torino ai XX Giochi olimpici invernali e recentemen­te è stata nominata, prima donna europea, nel Consiglio della Fifa. Sul piano della governance delle imprese e delle istituzion­i, è, tra l’altro, presidente del Teatro Stabile di Torino, del Museo Egizio e dell’Enit, Agenzia nazionale per il turismo. Viene definita una che lavora come una tedesca, parla inglese con il piglio della Thatcher e francese con lo charme della Deneuve. Nel tempo libero ( pochissimo) fa del giardinagg­io: « Curo un orto. A stare piegati sulla terra si impara la pazienza, l’umiltà e il piacere di stupirsi » . Incarnazio­ne perfetta dell’altissima borghesia piemontese, è tifosissim­a della Juventus. Potrò sembrare retorica, perfino eccessivam­ente patriottic­a nell’epoca della globalità contempora­nea, ma ogni volta che ascolto il nostro inno nazionale mi commuovo. Io arrivo dal mondo dello sport e quelle note, quando le sento risuonare per una vittoria italiana, per una medaglia e una fatica vinta, mi portano a ricordare la gioventù mia e di tanti atleti, gli sforzi e gli allenament­i, le paure e le sconfitte, sempre con la voglia di ripartire a testa alta per sé stessi e per il proprio Paese. Erano giovani anche quei due ragazzi, Mameli e Novaro, che oltre due secoli fa lottavano per una libertà da riconquist­are dopo secoli di dominazion­e straniera, per un orgoglio civico ancora da costruire, per un sogno d’indipenden­za atteso da secoli, per una dignità da affermare anche col sangue. Dobbiamo essere fieri della musica che ci hanno lasciato.

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