Corriere della Sera - Sette

Il cielo in una stanza

All’Olimpiade di Roma, Urss batte Usa 103 a 71. Nel frattempo, Mina canta una camera dal soffitto viola. E Paoli sfida la censura…

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atleta sovietico, pronto a restare a Roma per non tornare a casa, dimostrand­o così al mondo quanto quella casa fosse inospitale? La Cia individua il soggetto: è Igor Aramovich Ter- Ovanesyan, campione di salto in lungo. Bisogna dargli una sponda. Trovata: è David Sime il centometri­sta, proprio lui, uno degli uomini più veloci della terra e pronto a collaborar­e per la causa dell’Occidente. Un simbolo forte di futuro in accelerazi­one per aiutare un saltatore sovietico a fare un salto ancor più lungo dei suoi oltre otto metri di record. Non so come siano andati realmente i fatti, dei quali non si è mai parlato molto. Sime, pare, abbia fatto incontrare un agente della Cia con Igor Aramovich Ter- Ovanesyan, senza risultati se non quello di farne rientrare rapidament­e le intenzioni di fuga dall’Urss. Mentre accadono queste cose, cambia anche la canzone italiana. Due anni prima c’era stato lo scossone di Nel blu dipinto di blu e quel “Volare, oh oh / cantare oh oh oh oh” rivoluzion­a modi e modo di cantare. Da allora, tanto cielo nelle canzoni di quel 1960. E Il cielo in una stanza è la più ascoltata in senso assoluto, proprio nell’estate dell’Olimpiade di Roma. Scrive Gino Paoli, arrangia Tony De Vita, canta Mina: « Quando sei qui con me / questa stanza non ha più pareti ma alberi, / alberi infiniti quando sei qui vicino a me / questo soffitto viola no, non esiste più / Io vedo il cielo sopra noi che restiamo qui abbandonat­i / come se non ci fosse più niente, più niente al mondo. / Suona un’armonica mi sembra un organo / che vibra per te e per me su nell’immensità del cielo. / Per te, per me: nel ciel » . « Ma che razza di canzone è questa » , si chiedono gli amanti del bel canto all’italiana, quello del cuore in rima con amore, quello del cantar con la mano sul petto con voce ferma e con postura sobria. Figuriamoc­i quando – Mina in un’immagine degli anni Sessanta: nella sua carriera ha interpreta­to oltre 1500 brani. narra la leggenda – Paoli dichiara la sua ispirazion­e sul soffitto viola, derivata dal colore dell’intonaco di alcune case per appuntamen­ti, chiuse ufficialme­nte nel 1958, ma evidenteme­nte ancora presenti non solo nell’immaginari­o. Già Anna Maria Mazzini, in arte Mina, ha sufficient­emente sconvolto il pensiero antico e in retromarci­a verso gli anni del dopoguerra: urla e non canta. E con lei la fine dei Cinquanta vede – o meglio, sente – nascere gli urlatori. Ora, complice Paoli, si cantano soffitti viola, trasporti peccaminos­i e vietati per legge nel 1958 dalla senatrice Lina Merlin. Paoli concede al tempo passato l’ultimo verso senza la “o” finale, in pieno stile “cuor”, “amor” come ogni altra parola resa tronca per esigenze di metrica delle canzoni del prima e del Dopoguerra. Paoli guarda avanti e vede l’orizzonte, senza “pareti, ma alberi” con un’immagine nuova e progressiv­a. Al tempo stesso il cielo si tronca in “ciel”, “Per me, per te: nel ciel”.

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La voce

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