Ritrovato il
Riappare (ed è festa grande) un’opera di Tintoretto nella fase manieristica, fresca e giovanile. Un dipinto armonioso e bellissimo
Sempre una scoperta è una festa, e in particolare lo è la scoperta di un quadro o una scultura nuovi; ma questa volta è festa grande. L’opera che riappare, infatti, è un Tintoretto, nella fase manieristica, fresca e giovanile, quando dialoga con Andrea Schiavone, e i suoi modelli, più insoliti, Parmigianino e lo sperimentale Pordenone. Proprio in queste settimane è in corso a Padova la mostra “I Tintoretto ritrovati”, che a più di trent’anni dalla riemersione restituisce al grande pittore un gruppo di dipinti giovanili degradati da un perversa incursione critica che li demonizzò. Negli anni della formazione Tintoretto coniuga la lingua di Vasari, attivo a Venezia fra 1540 e 1542, con quella dello Schiavone, elaborando uno stile originale anche rispetto al turbamento manieristico manifestato da Tiziano nel soffitto di Santo Spirito in Isola, ora nella sacrestia della Basilica di Santa Maria della Salute; e nella Presentazione della Vergine al tempio della Sala dell’Albergo della Scuola Grande di Santa Maria della Carità, ora nelle Gallerie dell’Accademia di Venezia. Tiziano appare turbato, disturbato, disorientato, più vicino a Michelangelo ( attraverso Jacopo Sansovino) che a se stesso. Tintoretto è eccitato, esaltato; e, soprattutto nella serie padovana, manifesta una leggerezza che combina il disegno con il colore e produce scosse elettriche, con effetti di strisciature filamentose che trasformano i corpi in spiriti. La sua pittura è libera e felice e, oltre la sperimentazione, capace di sublimarsi in idilli, come in questo o festoso Ritrovamento di Mosè che cade nella prima maturità, tra il 1545 e il 1548, verso gli esiti del Miracolo di San Marco: undejuneur sur l’herbe nella campagna veneta, elaborato omaggio al gusto di Giorgione e Tiziano, nell’aria tersa di un pomeriggio estivo.
RITMO DI DANZA. Dipinto armonioso e bellissimo, con un ritmo di danza accompagnato da una ancella velata che suona il liuto, agitando il movimento di ciascuna figura animata da uno spirito musicale, non posso rivelarne la provenienza prestigiosa da una delle prime collezioni italiane, nel suo nucleo principale vincolata. Ma che un’opera così notevole sia stata dimenticata, gravida come è di idee che troveranno sviluppo nella produzione migliore di Tintoretto, è sorprendente, anche per la consumata consuetudine del collezionista con il gotha della critica d’arte del secondo dopoguerra. Assai notevole, nella donna ignuda accovacciata, l’identica postura di uno dei capolavori di poco successivo: la Susanna e i vecchioni del Kunsthistorisches Museum di Vienna. Tanto più questo nuovo, arioso, “ritrovamento” appare prezioso. Per quello che è e per quello che annuncia.