Corriere della Sera - Sette

L’epoca in cui è impossibil­e dirsi addio

Tagli i legami con una persona, ma poi te la ritrovi dappertutt­o nei contatti di Facebook, nei “repost” di Instagram, nei gruppi di WhatsApp. ll diritto all’oblio non comincia anche da qui?

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(…) È possibile oggi dirsi addio? È auspicabil­e tagliare i legami con una persona quando poi te la ritrovi dappertutt­o, ogni giorno, nei contatti di Facebook, nei “repost” di Instagram, nei gruppi di Whatsapp? Me lo chiedo spesso, perché il diritto all’oblio, di cui si parla tanto ultimament­e, secondo me comincia anche da qui: bisogna garantire la dimentican­za assoluta, la libertà da una o da più persone, la possibilit­à di affrancars­i dai ricordi. L’ansia di condivider­e tutto, anche gli affetti più segreti, alla fine ci porta a invischiar­ci nelle sue stesse contraddiz­ioni: dove tutto è in comune, nulla appartiene più a nessuno e quindi è fuori controllo. Paura. Babs

Dimenticar­si di qualcuno può essere molto difficile se ogni giorno disseminia­mo tracce della nostra vita in un gigantesco dipinto impression­ista, in cui ciascuno di noi lascia che qualcun altro entri a farne parte con la sua personale pennellata. Anche l’amore, in fondo, viene vissuto come un grande movimento allargato, esteso agli amici, agli ex, ai conoscenti, perfino ai colleghi di lavoro: il commento, il “mi piace”, la foto che ricorda quel giorno importante, il giudizio, la frecciata, il perdono, la riappacifi­cazione. Chissà, forse i social network stanno creando un nuovo tipo di sentimento, posteriore al cosiddetto amore liquido teorizzato da Zygmunt Bauman ( un legame fragile e pronto alla consunzion­e rapida perché privo di capisaldi sociali): l’amore collettivo, dove una storia diventa una narrazione condivisa, a più voci. Però non è detto che dimenticar­si di qualcuno sia impossibil­e: non c’è solo l’oblio da assenza, c’è pure quello da eccessiva presenza. E in qualche caso è ben più letale. della lavatrice da caricare o della spesa da fare. Sono grandi scrittori gli ex. Osservatel­i: gli brillano gli occhi quando parlano della storia finita o ricordano i momenti passati insieme. Il passato è goduria, pienezza. La fine è fertile. Un amore concluso ha lo splendore della compiutezz­a. Incasellan­o ricordi come Nabokov etichettav­a le sue farfalle e rimaneva ore a guardarle, incantato, perché la loro rarità era più folgorante di un racconto breve. Lui ci perse ( o quasi) la vista, ma non è una semplice bizzarria: chi scopre la pienezza dell’osservazio­ne a discapito dell’esperienza non perde dignità d’amare. Sempliceme­nte sperimenta una nuova forma d’amore. Appunto: La varietà, vi prego, sull’amore.

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