Salviamo quei musei a cielo aperto
Il ministero delle Antichità iracheno calcola che i siti archeologici nel Paese siano tredicimila. Tredicimila opportunità per i tombaroli di rubare e cercare di rivendere i tesori del passato. Un mese fa gli Stati Uniti hanno promesso di aiutare il governo di Bagdad a recuperare i manoscritti, le reliquie, i gioielli saccheggiati durante questi tredici anni di caos, l’invasione americana è del 2003. Per riuscire a ritrovare un oggetto prezioso può passare anche un decennio come per la testa della statua di re Sanatruq I, un importante monumento della Meso- potamia, che è stata di recente sequestrata a un trafficante. In agosto la polizia irachena ha anche ritrovato 483 pezzi pregiati che lo Stato Islamico stava cercando di contrabbandare al di là del con- fine. Le milizie del Califfo, che dal giugno del 2014 controllano la città di Mosul nel nord, distruggono e polverizzano quelli che considerano simboli dell’idolatria. Sanno però che le statuette o le antiche raffigurazioni religiose possono servire a sovvenzionare le offensive del terrore. Le forze di sicurezza locali non bastano a proteggere i musei a cielo aperto, così un gruppo di volontari ha lanciato una campagna per invitare la popolazione a difendere quello che è un patrimonio nazionale e a denunciare chi cerca di trasferirlo all’estero, un frammento dopo l’altro.