«Vi spiego perché l’amicizia tra intellettuali è ancora possibile»
In lo scrittore ripercorrere quattro secoli di vicende parigine attraverso le storie dei 18 che si sono seduti prima di lui sulla 29ª poltrona dell’Académie Française
Il nuovo libro di Amin Maalouf
Credo volentieri ai graziosi fantasmi della letteratura, che frequentano i vecchi edifici e gli spiriti sognanti » . È così che lo scrittore Amin Maalouf, libanese di nascita – 66 anni fa, in una famiglia cristiana – e “d’adozione” francese al punto da essere nominato ( nel 2011) “accademico di Francia”, introduce il sul nuovo libro: Una poltrona sulla Senna. Che nasce da un’idea splendida: ripercorrere “quattro secoli di storia parigina” – culturale, politica, sociale, insomma umana – attraverso le vite dei 18 “grandi” personaggi che si sono seduti prima di lui sulla 29 ª poltrona dell’Académie Française.
All’inizio, lei scrive, è stata la “legge dell’amicizia” a tenere uniti gli accademici di Francia. È ancora possibile, oggi, fra gli intellettuali un legame del genere?
« Alle sue origini, in effetti, c’era un piccolo gruppo di amici che, verso il 1629, aveva deciso di riunirsi ogni settimana, in un orario preciso e in un luogo prestabilito, per parlare di letteratura e altro. Una soluzione ideale, vista l’assenza di mezzi di comunicazioni. Oggi le comunicazioni sono talmente facili che le persone si vantano di avere non 8 o 9 amici, ma 150. Il che, naturalmente, si traduce nel fatto che ciò non vuol dire più niente in termini di amicizia. Tuttavia l’istituzione ha conservato qualcosa dello spirito dei fondatori: 40 persone di provenienza diversa e origini diverse, si ritrovano una volta alla settimana, fino alla fine della loro vita. Ciò crea effettivamente dei legami di amicizia, e permette di resistere alla febbrilità e alla superficialità dell’epoca in cui viviamo » . Lei ricorda come, a far nascere l’Académie, sia stato, formalmente, il cardinale Richelieu, che tutti conoscono piuttosto come il “cattivo” de Come diceva il filosofo Ernest Renan, che fu il 13° sulla sua poltrona, il cardinale andò ben oltre i suoi veri fini. Dobbiamo dunque rivalutarlo?
I Tre Moschettieri.
« Renan aveva in gran parte ragione: Richelieu non pensava di sicuro in termini di libertà d’espressione, e se ha voluto che quella cerchia d’amici si trasformasse in istituzione, è perché non sopportava che si ritrovassero al di fuori dell’autorità del potere reale. Ma non bisogna togliergli tutti i suoi meriti. Se ha voluto creare l’Académie è perché aveva un’idea alta della cultura e del suo ruolo nella società. Di più: ha “giocato” onestamente con gli accademici, lasciando loro la possibilità di decidere ciò che volevano, anche quando non era d’accordo » .
E qual è, adesso, l’importanza dell’Académie Française?
« Oggi si ricerca costantemente ciò che è utile e redditizio. L’Académie è il contrario: un’istituzione dal valore puramente simbolico, rivolta solo a garantire la permanenza della cultura e della lingua » . Fra i suoi “colleghi di poltrona” lei ci racconta che ci sono stati molti sconosciuti e molti “dimenticati”: qualcuno che è passato avanti a Voltaire, qualcun altro che fu eletto al posto di Victor Hugo. Chi è stato, fra tutti, quello più sottovalutato? « Alcuni miei predecessori sono caduti nel dimenticatoio, ma, se voglio essere imparziale, devo dire che l’hanno un po’ meritato. Ma quello che più merita di essere riscoperto, è senza dubbio François de Callières. Questo consigliere di Luigi XIV ha scritto, al tramonto della sua vita, un’opera degna di nota, che presenta una visione moderna della guerra, dell’Europa, del rapporto fra le nazioni. La sua opera, pubblicata nel 1716, e intitolato De la manière de négocier avec les souverains, è istruttiva e piacevole, e spero davvero che possa diventare un classico 300 anni dopo » .
All’Académiequaranta persone di provenienza e origini diverse si ritrovanounavolta alla settimanafino allafinedella lorovita
Fra i suoi “antenati”, chi l’ha colpita di più?
« Probabilmente Ernest Renan. Lo conoscevo già un po’, ma facendo le ricerche per questo libro, ho scoperto in lui un pensatore sottile e profondamente integro. La sua importanza nella storia del pensiero supera i con-