Corriere della Sera - Sette

Si pentì:

A fuggire a Mosca. Solo alla fine «Sono stato un cretino»

- Di Mirella Serri

Il dodicenne Gil, preoccupat­o, si girava continuame­nte per controllar­e se l’altra berlina scura fosse sempre dietro di loro. Gli uomini che lo avevano accolto all’aeroporto di Helsinki avevano costretto la sua famiglia a dividersi fra due grosse automobili: in una c’era sua madre, Marianne, con i tre ragazzi, e nell’altra suo padre. Gil riteneva che quell’inaspettat­o viaggio in Finlandia fosse una sorpresa, un prolungame­nto di quella splendida estate del 1950 trascorsa sulle Dolomiti, in Costa Azzurra e a San Felice al Circeo. Ora stavano andando in direzione dell’Unione Sovietica attraverso cupe foreste ma era singolare che papà, il celebre fisico nucleare del gruppo di via Panisperna, l’assistente di Enrico Fermi, Bruno Pontecorvo, viaggiasse nascosto nel portabagag­li dell’altra auto. Quando poi si trovarono chiusi in un appartamen­to nel centro di Mosca, per circa un mese sorvegliat­i dagli agenti del Kgb, la situazione diventò terribile, claustrofo­bica e insopporta­bile non solo per Gil ma anche per i genitori. Era così iniziata la seconda parte di quella Vita divisa. Storia di Bruno Pontecorvo fisico o spia ( Einaudi; edizione italiana a cura di Giorgio P. Panini) di cui il docente di fisica Frank Close, utilizzand­o documenti inediti e interviste, rimette insieme i tasselli fino a oggi sconosciut­i

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