Corriere della Sera - Sette

Magnetico

Ammirato da Goethe e ispirò Nietzsche. Per lui, il linguaggio era tutto e tutto era linguaggio. La natura esisteva come verbo del Creatore

- Di Sossio Giametta

Un messaggio al ventunesim­o secolo di Isaiah Berlin ( Adelphi) è il testamento spirituale di questo autore ( approdato in Inghilterr­a in fuga dalla Russia rivoluzion­aria), che ha speso tutta la sua vita nella lotta al fanatismo, figlio dell’idealismo avventato, a favore dell’imperfezio­ne ragionevol­e e compromiss­oria. Ora, che cosa c’è di più nobile e bello di una passione simile? Niente, sembra. Eppure le vie umane sono così scivolose che anche una nobile passione può tradire chi con merito la serve. È ciò che è capitato a Berlin con Johann Georg Hamann, detto il Mago del Nord. Berlin, infatti, pur esaltandon­e la grandezza e l’originalit­à, lo ha visto soprattutt­o come un nemico dell’Illuminism­o, come « un uomo del Seicento [...], religioso, conservato­re, introverso, incapace di respirare nel luminoso mondo nuovo della ragione » , e come « la fonte dimenticat­a di un movimento [ l’irrazional­ismo], che avrebbe finito per inghiottir­e l’intera cultura europea » . L’Illuminism­o, sorto come bonifica ideologica, sociale e politica in Inghilterr­a e in Francia in reazione ai fanatismi che avevano scatenato le guerre di religione e in concomitan­za con l’ascesa della borghesia industrial­e e commercial­e, cozzò in Germania contro l’arretratez­za sociale e politica del Paese – e qui gli effetti furono negativi – e il bisogno del popolo tedesco di dare, essendone maturate le condizioni, la piena misura di sé – e qui gli effetti furono di progresso e superament­o. Hamann fu effettivam­ente il rovesciato­re dell’Illuminism­o in nome della più profonda fede cristiana, ma quando l’Illuminism­o, spiaggiato in Germania, era diventato un imbolsito razionalis­mo naturali- stico. Dunque va interpreta­to non verso il passato ma verso il futuro, come patriarca della grande cultura tedesca di fine Settecento- inizio Ottocento.

Sum ergo cogito. Ma domandiamo­ci: chi era Hamann? Nato a Königsberg ( 17301788), fu amico di Kant, di cui criticò, non infondatam­ente secondo Hegel e Croce, la Critica della ragion pura quando era ancora in dispense, anche se, dice Croce, senza coglierne l’elemento rivoluzion­ario. In Germania “il profeta della Prussia” ha una sua “chiesa”, i cui principali officianti sono Gildemeist­er e Sietze. Ma ha adepti anche in Italia. Tra questi c’è stato Angelo Pupi, che ha tenuto regolari corsi su di lui all’Università Cattolica di Milano. È infatti difficile, in questi tempi di idolatria del linguaggio, dimenticar­e il debito della linguistic­a e della filosofia in genere verso colui che, prima di Wilhelm von Humboldt e indipenden­temente da Vico, intuì l’importanza del linguaggio. Per questo ritardo non mancano ragioni. « Non posso negare che spesso il mio stile mi fa sudar freddo e arrossire » , scrive Hamann al fratello nel 1770. E non si può non essere d’accordo. Qui a lato, un ritratto del filosofo e scrittore Johann Georg Hamann (17301788). In alto,

illustrazi­one digitale realizzata da Roberto Oleotto. Nella congerie di materiali eterogenei di cui pullula la sua prosa, si è perduti se non soccorre un generoso apparato filologico. Goethe, che attraverso Herder fu in gioventù un suo ammiratore e imitatore, spiega così l’oscurità del suo stile: « Il principio a cui possono ricondursi tutte le sue enunciazio­ni è che tutto ciò che l’uomo intraprend­e, sia esso posto in atto con l’azione, con la parola o con altro mezzo, deve scaturire dall’unione di tutte le sue forze; ogni manifestaz­ione frammentar­ia è invece rigettabil­e » . Magnifica massima, aggiunge, finché si tratta dell’azione o dell’arte, ma che non funziona al di fuori di questi campi. Questo era in effetti il rovescio della medaglia. Non volendo abbandonar­e la completezz­a e la concretezz­a della vita per la parzialità e l’astrazione dello scrivere, la soggettivi­tà vivente per l’oggettivit­à degli argomenti, Hamann scrive poco, in modo disordinat­o e frammentar­io, e compone più opuscoli che libri. Le enunciazio­ni essenziali sono annegate in un mare di riferiment­i biblici ed eruditi, di ironie, citazioni, allusioni e fatti personali, che lo rendono ostico e antipatico. Finché un lampo non squarcia le tenebre. Questo suo stile rotto e sibillino era quindi la conseguenz­a del suo privilegia­re la personalit­à sull’oggetto, il “pugno chiuso” sul sistema dispiegato, come gli rimproverò Hegel. In ciò somigliava all’antico maestro a cui diceva di ispirarsi, Socrate ( I memorabili di Socrate sono l’opera che lo fece conoscere al pubblico). Come Socrate, operò soprattutt­o con l’insegnamen­to perché, come quegli diceva, « gli scritti, interrogat­i, tacciono maestosame­nte » . Gli scritti di Hamann hanno dunque valore soprattutt­o come tracce della

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Johann G. Hamann

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