Corriere della Sera - Sette

Jack White, eterno ragazzo del rock

Piaceri&Saperi / Torna il fondatore dei White Stripes. Cambiato nel look e nel sentimento verso gli altri. Non nel sound della sua chitarra

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Le ripetute voci sulla presunta morte del rock non devono mai essere giunte alle orecchie di Jack White, che continua sereno dall’inizio della sua carriera, più di vent’anni fa, a comportars­i come se il rock fosse in perfetta salute. E anche oggi che ha 41 anni, che i White Stripes – la band, o meglio il duo con la moglie Meg – che l’hanno reso famoso si sono sciolti, Jack White fa musica, suona la chitarra, elettrica o acustica come nel caso dell’appena uscito Acoustic Recordings 1998-2016. Il rocker che fece ballare il mondo con il « po- popopo- popopo- po » di Seven Nation Army sa suonare il blues, il bluegrass, il folk come dimostra nell’ultimo cd, prendendos­i anche la briga di cambiare look. L’unica cosa rimasta invariata è il pallore mortifero della carnagione di colui non pare mai aver visto la luce diurna, creatura più a suo agio sul palcosceni­co che sotto il sole, anche se gli abiti neri/ rossi/ bianchi dei tempi dei White Stripes lasciano il posto alla camicia di jeans, ai capelli più corti ( ma sempre nero petrolio). L’unico elemento decorativo rimasto – e in realtà è struttural­e -- è la sua chitarra. White si ripresenta nel 2016 quarantenn­e libero dal fardello dell’ironia del passato, della necessità di sembrare all’avanguardi­a – nulla di più rivoluzion­ario di un duo puramente rock negli anni Duemila dominati da hip- hop e r’n’r – sempliceme­nte animato dalla fiducia nelle sue canzoni. Nella musica. La musica che, al contrario delle parole, non l’ha mai tradito. Nel corso della separazion­e dalla sua seconda moglie, la modella Karen Elson, erano emerse delle mail nelle quali White sembrava esprimersi in modo sprezzante verso colleghi diversissi­mi tra loro come Adele, i Black Keys, e altri artisti. E un’intervista – una delle rare interviste da lui concesse negli ultimi

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anni – a Rolling Stone nel 2014 non aveva migliorato l’impression­e di un artista arrogante, paragonato dalla rivista americana al Willy Wonka della fabbrica di cioccolato della fiaba di Roald Dahl. Sempre sorprenden­te, White si era poi scusato in un comunicato, nel quale aveva anche scritto queste parole: « Presento le mie scuse, rivolte a tutti coloro che ho offeso con i miei commenti riguardo alla loro e alla mia creatività, e al business della musica in generale. Spero che una bella, sana famiglia di persone creative continui a sviluppars­i attorno a me e ai musicisti con i quali lavoro, alla città di Nashville, America, e al mondo di ascoltator­i che questa musica può toccare » . Qualche giorno fa, White è apparso al Tonight Show di Jimmy Fallon e ha cantato e suonato un medley, Love Is the Truth e You’ve Got Her in Your Pocket, più somigliant­e a Johnny Depp di quanto Depp ormai somigli a se stesso. Voce e chitarra, senza polemiche o arroganza, il talento più straripant­e del rock di questi anni che alla fine della canzone si ritira sullo sfondo lasciando il posto al conduttore, e si asciuga una lacrima, raro momento di verità e umanità sotto i riflettori dei patinati talk show americani. Nel nuovo cd c’è un inedito dei tempi dei White Stripes dal titolo chaplinian­o, City Lights, luci della città. Il regista francese Michel Gondry, maestro dei video surrealist­i, ha inventato una soluzione delle sue per illustrare la canzone senza far vedere né Jack né Meg. Un video nel quale si vede una sola immagine, il piano fisso della porta a vetri di una doccia che funziona a tutta forza, e una mano che continua a disegnare sul vapore acqueo che si condensa sopra. Un occhio, un sorriso, un volto, tanti oggetti: una storia fatta di vapore acqueo destinata a durare pochi secondi, sempre mutevole, magica, inafferrab­ile, come la musica. di

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Jack White

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