L’odissea nera del marketing
Dopo le polemiche di Woody Allen sul degrado della tv, la miniserie è una metafora di ciò che accade
Ha fatto storcere la bocca a molti l’uscita contro la tv di Woody Allen, che ha appena girato sei episodi di mezz’ora per Amazon, Crisis in Six Scenes, peraltro con poca convinzione, visto che ne dice: « una cosa per far ridere e divertire, non profonda: racconta la storia di una famiglia Anni 60 sconvolta da un ospite » . Forse per non sembrare lo stesso della sua famosa battuta su « Dio è morto, Marx è morto e anch’io non mi sento tanto bene » , Allen ha spiegato a Maurizio Porro sul Corriere della Sera: « è il cinema che è stanco, vola basso, la tv ha fatto scendere la media del gusto e incassano da noi alcune pessime commedie comiche, mentre si spendono miliardi per il regno fantastico » . A giudicare almeno anche dall’ultima messe di premi per Game of Thrones, il quadro non è destinato a cambiare. Almeno a breve. Del resto ci sono state trasformazioni strutturali del mercato dell’immaginario e la sala buia è solo un punto di passaggio di prodotti pensati e confezionati per un consumo diverso e vario. Lo stesso Allen lo ha spiegato molto chiaramente, sempre parlando della sua esperienza per Amazon: « Ho dovuto tener conto che si potrà vedere su computer e telefonino » . Dal grande schermo allo smartphone: molte grandi aziende dei mass- media sembrano stregate da questo riassetto tecnologico, invece di salvaguardare il core- business. In Italia i nuovi manager della tv di Stato parlano più volentieri di RaiPlay che dei nuovi programmi di RaiTre, e si capisce. Invece che al “servizio pubblico” dicono di voler pensare ai “pubblici differenziati”, ma un plurale non fa la differenza: sembra che quel che conti di più sia usare lo slang del marketing. Il che riporta, tanto per stare alle battute dei grandi, a una perla di Enzo Biagi: « più della concentrazione delle testate, preoccupa quella delle teste » . Eppure, aldilà delle montagne di denaro che i vari Amazon, Apple, Google, Facebook hanno da buttare per la tv, questo sistema è sull’orlo del crack ( basta vedere anche solo i titoli sulle vicende della tv a pagamento in Italia) nonostante voglia assomigliare precisamente al mondo in stile Westworld ( foto). I nuovi dieci episodi di Hbo sono forse l’ultimo kolossal che verrà prodotto da questa premiata ditta, che è in piena ristrutturazione e ora punta sulle più agili comedy. Questa nuova storia fantasy scritta dai Nolan, Jonhatan e Lisa Joy, che, come sceneggiatori, con il fratello Christopher alla regia, hanno già proposto qualche anno fa una potente metafora terribilmente attuale, « la magnifica meditazione sulla conflittualità urbana racchiusa in Il Cavaliere Oscuro - il Ritorno » ( cit. da Alessandro Zaccuri, Città, il destino dei simboli nell’era del terrorismo, Vita e Pensiero 4- 2016). Con J. J. Abrams come produttore, e l’ispirazione di un Michael Chrichton del ‘ 73, la nuova odissea dark dei Nolan, Westworld ( che vedremo dal 3/ 10 su Sky Atlantic al lunedì sera), sembra fatta apposta per farci riflettere su questa deriva autodistruttiva dei media. “Dove tutto è concesso”, recita il sottotitolo italiano, traduzione libera di quel “Gratify Your Desires” del trailer originale, che allude meglio a un mondo di “contenuti” prodotti nel nome di un improbabile dio marketing.