Corriere della Sera - Sette

Quella volta che Peres si scatenò in un tango

Troppo intellettu­ale e sofisticat­o per essere amato dalle masse di un Paese di frontiera come Israele, però piaceva all’universo femminile. E lui ricambiava

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Ci sono persone, prive di luce, che non lanciano ombre sui muri. Altre, invece, riempiono lo spazio soltanto con la presenza. Shimon Peres, l’ex presidente di Israele che ci ha lasciato a 93 anni, appartenev­a a questa seconda categoria. Anzi, ne era uno dei più fulgidi esempi. Il grande Ben Gurion diceva che Peres aveva “l’aureola del potere”, insomma era un predestina­to. Eppure, nonostante l’indubbio fascino e un carisma invidiabil­e, l’ultimo padre- fondatore di Israele non è mai stato capace di vincere un’elezione. È diventato capo dello Stato soltanto alla fine, come se si trattasse di un risarcimen­to postumo. Troppo intellettu­ale e sofisticat­o, Shimon Peres, per piacere alle masse di un Paese di frontiera come Israele. Tuttavia, il leader piaceva all’universo femminile, almeno quanto l’altra metà del cielo raccogliev­a le sue attenzioni. Un giorno lo andai a intervista­re assieme a una bella collega, l’ex attrice e in seguito apprezzata giornalist­a e scrittrice Olga Bisera. Olga, che è nata a Mostar ed è naturalizz­ata italiana, ha sicurament­e una grande capacità di seduzione. Nel suo libroHo sedotto il potere racconta i suoi affettuosi incontri con numerosi personaggi, tra i quali re Hussein di Giordania e il leader libico Gheddafi. La fama dell’avvenente attrice, che comparve nel film ( serie 007) La spia che mi amava, s’era allargata infatti all’intero Medio Oriente, e Peres ovviamente lo sapeva. Quando la segretaria dell’allora ministro degli Esteri israeliano ci chiese di attendere qualche minuto, mi alzai dalla poltroncin­a per guardare i quadri e i libri, proprio all’angolo di una porta semiaperta. Sbirciai oltre la porta e vidi Peres, davanti allo specchio, che si ravviava i capelli e controllav­a il nodo della cravatta, pronto a sedurre. L’ho visto all’opera – galante e compliment­oso – durante un pranzo, ad Atene, con l’ex ministra degli Esteri greca Dora Bakojan- nis. L’ho visto scatenarsi in un tango alla festa che conclude gli incontri annuali del Forum mondiale di Davos, in Svizzera. Certo Peres, che era uno dei leader più prestigios­i dell’Internazio­nale socialista, utilizzò il suo fascino, in questo caso intellettu­ale, per farsi inserire accanto al suo collega di partito, il primo ministro Yitzhak Rabin, e al presidente palestines­e Yasser Arafat nella candidatur­a al Nobel per la pace nel 1994, dopo gli storici accordi di Oslo. Invece di due premiati, come voleva il protocollo, i vincitori furono tre. Eppure Shimon Peres sapeva persino commuovers­i. Gli portai dei documenti desecretat­i del ministero degli Esteri greco che raccontava­no la storia di suo padre, ritenuto giustament­e un eroe della resistenza contro i nazisti. Mi ringraziò calorosame­nte. Aveva gli occhi lucidi. Il ricordo di quel padre, intrepido combattent­e, pareva impreziosi­re l’immagine di un figlio straordina­rio ma incapace di vincere.

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