Corriere della Sera - Sette

L’intimità pagata: né reato né peccato, ma una piccola cosa triste

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fantasma dotato di respiro, un vuoto miraggio”. Per Paride non cambia niente: per quel fantasma combatte guerre e rischia la vita. La domanda allora è: ci innamoriam­o delle persone o dei simulacri delle persone? Ecco perché la cosa più difficile ( come bene spiega la lettera di Antonio, che apre questa rubrica) è rimanere con la vera persona, non con l’idea di questa. Perciò credo che il suo sentimento sia reale, ma la sua, in ogni caso, resta un’amica virtuale. E, a questo proposito, un altro libro di Turkle, stavolta tradotto da Codice, si intitola

Sottotitol­o: (Ancora sulle multe ai clienti delle prostitute). Su Settedel 7 ottobre ho letto con piacere la lettera di R. Colombo ma ancor più il suo commento. Peccato che di multe ai clienti qui nel Nord Ovest ne siano già state date parecchie e salate (si parla di 500 euro). Tentativo fatto da alcuni Comuni per cancellare lo scandalo quotidiano di alcune strade (...). Ma invece di questi palliativi il governo farebbe bene a rivedere la Legge Merlin. Legge fatta a fin di bene, nessuno lo mette in dubbio, ma i risultati sono sotto gli occhi di tutti! Tempo fa le Lega aveva raccolto firme per l’abolizione di quella legge. Non so che fine hanno fatto. Io non sono leghista ma avevo firmato perché mi sembra utile e necessario regolament­are il “mestiere più antico” del mondo che non entra mai in crisi. Faremmo pagare le tasse alle signorine (o giovanotti), faremmo pagare la sanità e metteremmo un freno agli sfruttator­i (…).

Cordialmen­te, il vecchio Cap

Caro Cap, questo è un dibattito che va avanti da decenni e periodicam­ente qualche partito o movimento politico lo cavalca per poi abbandonar­lo ( spesso scambiamo la politica con l’etica, ma sono due cose diverse). Però le confesso un desiderio: vorrei che su quelle “signorine o giovanotti” che, come dice lei, “fanno il mestiere più antico del mondo”, per una volta non piovesse lo sguardo moralizzat­ore di stampo cattolico e nemmeno quello un po’ spiccio di chi pensa che basti rivedere una legge e festa finita. Vorrei che, per una volta, il gesto di pagare una donna o un uomo per un’ora di intimità non fosse definito “peccato”, né “reato”, ma vorrei che lo si chiamasse, sempliceme­nte, “una piccola cosa triste”.

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