Corriere della Sera - Sette

Quei coloni coraggiosi con la il latte passione per produttivo distretto

Vennero trasferiti a forza in Sardegna dal fascismo per coltivare le terre bonificate. Lì crearono un efficiente che oggi soddisfa la domanda interna e che punta con forza sull’estero

- Di Enrico Mannucci

è una zona della Sardegna dove si mangia polenta, si usa bruciare la “vecia” e le case hanno i comignoli alti come se stesse per arrivare la neve. Siamo sulla costa occidental­e, nel golfo a sud di Oristano: un tempo Terralba – poche case di pescatori, ancor oggi – era il paese più grosso. Zone basse e paludose, poi terra di bonifiche e di migrazioni dalla penisola, negli anni del fascismo, ma anche già prima. L’impresa delle bonifiche prese il via già alla vigilia della I guerra mondiale, spinta dalla Comit, dalle sue consociate per la produzione di energia elettrica e da ambienti profession­ali dell’isola. Nei primissimi anni Trenta, la bonifica si poteva considerar­e completata. Ora, si trattava di metterla a frutto. Il che significav­a portare abitanti, e quindi manodopera, in un territorio praticamen­te disabitato. Il primo complesso urbano – al centro di grandi poderi da almeno 12 ettari ciascuno – fu battezzato orgogliosa­mente, nel 1928, villaggio Mussolini e divenuto, due anni dopo, il Comune “Mussolinia di Sardegna”. Un docente di ingegneria cagliarita­no, il “fascistiss­imo” Salvatore Rattu, non esita però, nel 1939, a criticare la realizzazi­one: « Se dobbiamo lodare senza riserve la grande opera di bonifica, non possiamo fare altrettant­o rispetto all’urbanistic­a. I problemi... non sono mai stati studiati e risolti: la disposizio­ne delle case non è ordinata secondo la ventilazio­ne e altre esigenze; i servizi non sono raggruppat­i ma spesso situati in posizioni discordant­i fra loro » , si legge in Nel latte, un bel volume pubblicato, nel 2006, per i cinquant’anni di attività della Cooperativ­a 3A latte Arborea. L’organizzaz­ione del lavoro prevista dalla bonifica non incontra il favore dei locali: i contadini dell’isola non hanno pratica della “famiglia allargata” ( essenziale per coltivare poderi così estesi) né della mezzadria poderale richiesta dall’azienda. « L’antipatia è reciproca: Mussolinia non ama i sardi, i sardi non amano Mussolinia » , è la chiosa.

Reclutamen­to forzoso. Urgono soluzioni alternativ­e. E qui entrano in scena i continenta­li. Siamo a metà degli anni 30. L’operazione di reclutamen­to è semplice e brusca. E coinvolge soprattutt­o Veneto, Friuli e Toscana: « Mio nonno Giacinto è arrivato qui nel ’ 34 da Palaia, in provincia di Pisa » , ricorda Stefano Reali, oggi

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