Corriere della Sera - Sette

Non puzziamo più come nel XVIII secolo, però...

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«Nel diciottesi­mo secolo la gente puzzava di sudore e di vestiti non lavati; dalle bocche veniva un puzzo di denti guasti… dagli stomaci un puzzo di cipolla e dai corpi, quando non erano più tanto giovani, veniva un puzzo di formaggio vecchio e latte acido e malattie tumorali. Puzzavano i fiumi, puzzavano le piazze, puzzavano le chiese, c’era puzzo sotto i ponti e nei palazzi. ll contadino puzzava come il prete, l’apprendist­a come la moglie del maestro, puzzava tutta la nobiltà, perfino il re puzzava, puzzava come un animale feroce, e la regina come una vecchia capra, sia d’estate sia d’inverno». Comincia così quello splendido libro di Süskind, Profumo, che racconta di un’epoca dove creme e profumi erano merce rara. Oggi la puzza diffusa fortunatam­ente è quasi scomparsa, coperta di profumi di ogni tipo che ci accompagna­no nella nostra quotidiani­tà, fatta di deodoranti, profumi e creme di ogni tipo. Sempre più diffusi sono i prodotti non testati sugli animali; i rischi allergenic­i e gli effetti sulla nostra pelle sono il focus dei grandi produttori. Tale focus si deve allargare all’ecosistema, dove finiscono tutti i prodotti che ci rendono più gradevole l’esistenza ma di cui non si conoscono ancora

in maniera sufficient­e gli impatti ambientali.

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