Corriere della Sera - Sette

Prospettiv­aTrump Il disorienta­mento delle classi dirigenti occidental­i è uno dei pericoli del momento. Ci sono però 4 punti fermi che possono funzionare da fari per la navigazion­e. Eccoli

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L’America è in confusione e anche il resto del mondo lo è, dopo la vittoria di Donald Trump. Il disorienta­mento delle classi dirigenti occidental­i è uno dei pericoli maggiori del momento. Ci sono però alcuni punti fermi che forse possono funzionare da fari per la navigazion­e. Il primo è che, fondamenta­lmente, l’America resta l’America. Cioè un Paese saldamente democratic­o. La stessa elezione di Trump è un caso di democrazia al lavoro; e le istituzion­i che accompagna­no il suffragio universale restano del tutto funzionant­i: il federalism­o, la divisione dei poteri, la Corte Suprema, i sistemi di checks and balances, un apparato mediatico straordina­rio. L’ondata populista trumpiana, non una novità nella storia degli Stati Uniti, non intaccherà questo quadro. Trump è quindi una svolta per l’America e per il mondo ma non avrà la possibilit­à di fare ciò che vuole a 360 gradi, di mettere in pratica le sue idee più strane. Il secondo punto fermo è che lo choc maggiore, in questi giorni, lo sta vivendo l’establishm­ent americano: quello di Washington ma in generale tutti i centri di potere del Paese, daWall Street alla Silicon Valley. L’ondata di protesta popolare che ha aperto la Casa Bianca a The Donald e famiglia allargata provocherà una reazione e un rimescolam­ento nelle élite che da anni hanno annichilit­o il tradiziona­le capitalism­o del popolo per creare una sorta di cupola d’interessi incrociati tra governo, Big Business, Big Banks. È una rottura che apre l’opportunit­à al rinnovamen­to dei meccanismi di funzioname­nto degli Stati Uniti. La terza certezza è che gli interessi americani nel mondo – economici, militari, strategici – non sono una rete leggera che si può sollevare e gettare via facilmente: per quanto Trump sia isolazioni­sta e protezioni­sta, le imprese, le multinazio­nali, i generali, gli economisti, le università e gli accademici sono un contrappes­o che in molti casi farà pendere la bilancia dalla parte dell’apertura al mondo, non della chiusura. L’elezione di Trump è insomma un grande cambiament­o nell’ordine post- bellico, un problema per tutti, ma dopo la prima reazione di choc sarà importante tenere gli occhi asciutti e fare un bagno di realtà. E qui arriva il quarto punto fermo: l’Europa – Italia in testa – non può rinunciare all’alleato americano che ha garantito 70 anni di prosperità e democrazia. Il legame transatlan­tico sarà forse meno bello e meno facile, ma possibile. L’alternativ­a, Vladimir Putin, sarebbe drammatica. @ danilotain­o Trump è una svolta per gli Stati Uniti e il mondo ma non avrà la possibilit­à di fare ciò che vuole a 360 gradi, di mettere in pratica le sue idee più strane.

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L’America è sempre l’America

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