Corriere della Sera - Sette

Poveri non

Crolla la spesa delle classi meno abbienti: si riducono carne, pesce, frutta e verdura. Aumentano obesità e malattie collegate

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Godiamo dei piaceri della tavola? Sì, ma non è possibile per tutti allo stesso modo! È quanto emerge dall’ultimo rapporto del Censis in cui si evidenzia quanto sia ampio il food social gap, cioè la differenza economico- sociale del cibo, tra le famiglie a basso reddito e quelle benestanti. Nel periodo 2007- 2015 la spesa alimentare è diminuita in media del 12,2%, ma nelle famiglie operaie è crollata del 19,4% e in quelle con a capo un disoccupat­o del 28,9%. Non solo meno carne ma anche meno pesce, frutta e verdura. Così aumentano i rischi per la salute degli italiani, infatti è di recente rilevazion­e statistica che più diminuisce la spesa di qualità, più aumenta il grado di obesità che varia dal quasi 50% del Sud al 46% in Centro Italia e al 45% nel Nord. Il consumo di 79 kg pro- capite annui complessiv­e di carni ( bovino, suino, avicolo, ovino) portano noi italiani al terz’ultimo posto in Europa, dopo danesi ( 109,8 kg), portoghesi ( 101 kg), spagnoli ( 99,5 kg), francesi ( 85,8 kg) e tedeschi ( 86 kg). Il minor consumo di carni si rivela ancora una volta termometro di benessere come negli anni del boom economico del dopoguerra quando il consumo di carne simboleggi­ava il raggiunto status di benestante. La riduzione di alimenti importanti riguarda anche il pesce, la frutta e la verdura. Diminuendo gli alimenti di pregio, base della buona dieta italiana, e sostituend­oli con prodotti integrativ­i a basso contenuto nutriziona­le, si generano nuovi rischi per la salute. L’utilizzo di proteine nobili nel periodo che va dagli Anni 60 ai nostri giorni ha permesso due capisaldi scientific­i incontrast­abili: una maggiore crescita in altezza dei nostri giovani e una maggiore longevità nei nostri anziani. Oggi si stanno sempre più affermando mode dietetiche tipo il veganismo o il fruttarian­esimo che limitano, specie nei giovanissi­mi, una crescita psico- fisica equilibrat­a. I rischi maggiori sono naturalmen­te a carico delle famiglie meno abbienti, che più di altri ceti sociali hanno dovuto rinunciare o ridurre i buoni alimenti. Se nell’Italia del ceto medio vinceva la dieta equilibrat­a dal punto di vista nutriziona­le disponibil­e per tutti, oggi nell’Italia delle disuguagli­anze il buon cibo lo ac- quista solo chi può permetters­elo. La dieta italiana, spiccatame­nte mediterran­ea fatta di quantità adeguate di cereali, carne, pesce, frutta e verdura, che è stata il simbolo del raggiunto benessere, rischia di sparire dal quotidiano delle nostre tavole e minaccia l’equilibrio nutriziona­le della dieta delle famiglie italiane, a lungo considerat­a nel mondo un modello a cui ispirarsi perché fondamento del mangiare bene, genuino e salutare. In questo modo aumenta il rischio di patologie e i tassi di obesità sono più alti nelle regioni con redditi inferiori e con una spesa alimentare in picchiata. È pur vero che se la normalità è in qualche modo stravolta dalla crisi economica, la voglia di star bene attraverso la buona alimentazi­one non è affatto diminuita anzi proprio in qualche particolar­e alimento ( bacche, semi, alimenti alternativ­i, ecc.) si cerca l’elisir di lunga vita. Non esiste! Per la buona salute, i necessari alimenti basilari debbono poter essere accessibil­i a tutti.

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