Classico
L’Umanesimo non avrebbe voluto questo. Un lettore fornisce dati allarmanti dovuti agli eccessi della globalizzazione. Un altro si indigna contro chi giustifica i “professori mal pagati” che “insegnano male”
Dunque si ripresenta la stucchevole questione se sia meglio il liceo classico o quello scientifico. L’intento è buono, convincere i giovani a non abbandonare gli studi umanistici tanto legati alla nostra storia e alla nostra cultura. Gli argomenti usati sono invece alquanto deboli e tendenziosi. Chiarisco subito che io mi sono diplomato al Classico, poi mi sono laureato in Chimica e successivamente anche in Farmacia, quindi ho intrapreso la carriera universitaria diventando professore ordinario di Chimica Fisica. Non ho quindi motivo per smentire la tesi che la formazione classica dia una preparazione adeguata anche per affrontare studi scientifici. Però, per dire “classico è meglio”, non si può usare l’argomento che il voto di laurea dei diplomati classici è più alto di quello degli studenti provenienti dal liceo scientifico. Questa è una ovvia conseguenza del fatto che gli studenti provenienti dal classico sono molti di meno e in genere molto motivati. E poi, perché trascurare il fatto che emerge dalla indagine di Alma Laurea che gli studenti provenienti dallo scientifico si laureano con maggiore puntualità? Né appare una motivazione a favore degli studi classici quanto afferma il grecista Massimo Cazzulo: «Tradurre un testo classico significa mettere in atto un ragionamento complesso che stimola i processi analitici, sintetici, intuitivi, gnoseologici, che induce a impostare un’ipotesi di lavoro e sottoporla poi a critica per vedere se funziona». Ciò è sicuramente vero, ma provate a sostituire nella frase le parole «tradurre un testo classico» con «eseguire un esperimento scientifico» e guardate se la frase anche così non funziona magnificamente. Insomma, sono consigliabili gli studi classici perché sono belli e appaganti, non perché abbiano un carattere formativo superiore a quelli scientifici. Mi è sembrato importante fare questa puntualizzazione perché al giorno d’oggi si va diffondendo una ostilità per la scienza, che può avere conseguenze nefaste. Basti pensare al successo che hanno i movimenti anti vaccini, i sosteni- tori delle medicine alternative, i movimenti ambientalisti estremi, i sostenitori della decrescita felice e così via. E non vorrei che la crociata a favore degli studi umanistici dia una mano a queste posizioni sconsiderate. Quello che serve oggi è far capire l’importanza della cultura, delle competenze e del sapere in tutti i campi e che è proprio stupido gloriarsi, come oggi è di moda, di essere ignoranti. Se poi proprio devo esprimere una preferenza, mi sento di spezzare una lancia a favore della cultura scientifica. Siamo così profondamente immersi in un mondo tecnologico, che essere privi di cultura scientifica ci condanna ad essere protagonisti inconsapevoli di quanto ci accade intorno. Proprio il contrario di quanto vorrebbe l’umanesimo.
— Giorgio Piccaluga, Cagliari
L’ultimo rapporto di McKinsey, racconta che la quasi totalità delle famiglie ha redditi inferiori rispetto alle generazioni precedenti. Il trend negativo riguarda il 70% delle popolazioni dell’Occidente sviluppato. In Italia la situazione è peggiore: sono più poveri 9 italiani su 10. La nostra produzione industriale è diminuita di un terzo, milioni di dipendenti sono stati espulsi dal sistema manifatturiero a causa della concorrenza dei Paesi asiatici, dove il costo orario della mano d’opera arriva a un ventesimo del nostro, dove i sindacati non esistono, come i diritti civili. Quasi tutte le nostre grandi aziende per salvarsi hanno delocalizzato. Le misure attuate dal nostro governo per incentivare la creazioni di nuovi posti di lavoro, si sono rivelate dei palliativi, nessun imprenditore di buon senso di fronte a questa concorrenza osa investire. Il tasso di disoccupazione giovanile è al 36,5%, 107.000 i giovani espatriati. Tre milioni la disoccupazione complessiva in Italia. Venti milioni quella dell’Unione europea. Solo negli USA, si stima che la globalizzazione ha prodotto 42 milioni di poveri. Gli operai che nell’industria automobilistica guadagnavano 25 dollari l’ora, ora nei servizi e nella grande distribuzione, si devono accontentare di 7/8 dollari l’ora. La soluzione per noi, sarebbe tornare ai commerci regolati fra i vari Paesi del mondo e magari uscire anche dall’Euro, e dalla Unione Europea: che finora è servita a fare gite senza passaporto. Ma ormai il liberismo sfrenato delle multinazionali, ha convinto le masse che il futuro del mondo sta nella globalizzazione, con scambi commerciali senza freni. Giocando ad eludere il fisco, trasferendo la sede legale per esempio in Irlanda, dove l’aliquota per gli utili d’impresa è al 12,50% mentre nel resto d’Europa è al 25/30%. Multinazionali come Apple, Amazon, Starbucks, Google, Microsoft, Facebook, hanno sottratto al fisco centinaia di miliardi. Alle paure di un’opinione pubblica angosciata dalla stagnazione economica e dal terrorismo, l’establishment globalista e ottimista ha risposto recitando a oltranza la stessa fiaba a lieto fine: dopo aver abbattuto le frontiere vivremo per sempre felici e contenti. E invece... il diluvio.
S— Ercole Crespi ono rimasto sconcertato dalla lettera del prof. Franco Trabattoni (ultimo numero di Sette) dove egli afferma che gli insegnanti non possono acquistare libri per via dei loro magri stipendi. Eppure per fare buone letture basta procurarsi libri in prestito gratuito presso le biblioteche, per non parlare dei moderni mezzi informatici che consentono l’accesso gratuito a molti libri. L’ultima affermazione della lettera che attribuisce al “salario low cost” l’esito inevitabile di un servizio scadente mi sembra ancor più sconcertante. Le buone letture e la cultura che ne deriva dovrebbero costituire, soprattutto per un insegnante, una fonte di arricchimento personale ed il rinunciarvi volontariamente come risposta a scarse retribuzioni mi sembra veramente squalificante.
— Giuseppe Perrotta