Soddisfatti o alienati?
Leggete l’ultimo rapporto Istat sullo stato di soddisfazione degli italiani o, per usare una parola più indefinibile, sulla loro felicità e non capirete più nulla. Sì, perché rispetto all’anno scorso pare che la serenità e l’appagamento nella Penisola siano aumentati, a spanne, di 5 punti percentuali. Chi l’avrebbe detto guardandosi intorno, ascoltando la tv o leggendo i giornali? Ci sentiamo persino più sicuri. E allora proviamo a riflettere su questi risultati cercando di capire se non siano semplicemente la campana a morto per i metodi di rilevazione, visto che in tempi recenti non ne azzeccano una. Se andiamo ad analizzare i dati per età degli intervistati ci accorgiamo che l’ottimismo è giovane e il pessimismo anziano: il 54,1% dei ragazzi tra i 14 e i 19 anni è soddisfatto, percentuale che scende al 34,4 superati i 75 anni. Verrebbe da dire che è naturale, più si invecchia più si vede grigio all’orizzonte, causa perdita di energia, malattie, aspettativa di vita. È anche vero, però, che le rilevazioni indicano più entusiasmo nei 65- 74enni che nei 35- 44enni. Il sociologo Domenico De Masi, in un’intervista al Corriere della Sera è stato tranchant: non si è più felici, semplicemente ci si assuefà al peggioramento; « in sociologia usiamo una parola, alienazione, per descrivere lo stato in cui si sta oggettivamente peggio ma non lo si avverte, perché si abbassano le difese e la capacità di conflitto » . Non ho strumenti per controbattere le conclusioni di uno studioso serio come il professor De Masi eppure, a naso, non me la sento di accettare in toto questa spiegazione perché vorrebbe dire dipingere a tinte troppo rosa il passato che conosciamo e a tinte fosche il futuro ancora da plasmare. Mi sembra una visione conservatrice, un po’ “anziana” in una società che sperimenta un’accelerazione rivoluzionaria. Credo si debba stare dentro a una società ancora tutta da inventare, non criticarla evocando il bel tempo che fu. Si può comprendere che gli anziani sentano il desiderio di rinchiudersi nel loro guscio ripensando alla più felice giovinezza, ma adesso quella giovinezza appartiene ad altri che hanno il diritto di immaginarla migliore. L’altro giorno mi sono annotato una frase di Luigi Einaudi che faceva bella mostra dietro alla scrivania di una persona che stimo: « Migliaia, milioni di individui lavorano, producono e risparmiano nonostante tutto quello che noi possiamo fare per scoraggiarli. È la vocazione naturale che li spinge; non soltanto la sete di denaro. Il gusto, l’orgoglio di vedere la propria azienda prosperare, acquistare credito, ispirare fiducia... » . Mi sembra un bel modo di pensare nonostante le difficoltà che non ci possiamo nascondere.