Pasquale Elia
Luciano si sdoppia, diventa un uomo qualunque alle prese con delusioni e sofferenze. Stanco di promesse mancate, però non smette di inseguire
Poliedrico nel 1978.
Sogni di rock’n’roll, certo. Ma non solo. Perché la tentazione c’è, ed è tanta. « Quasi quasi da questo disco ci faccio un terzo film » . Ci voleva il suo primo concept album, Made in Italy, per far venire voglia a Ligabue di tornare dietro la macchina da presa. D’altronde il « trasloco » dal cd al grande schermo sarebbe relativamente facile perché di fatto il rocker ha messo in musica la storia di un personaggio, Riko, che si snoda attraverso 14 canzoni. « Devo però ancora prendere una decisione definitiva » , avverte prudente. « A 56 anni potrei anche un po’ godermi la tranquillità. Quando ho girato Radiofreccia e Da zero a dieci c’era ancora solo la pellicola… Non vedo il mio direttore della fotografia da un mucchio di tempo... E mettere in piedi una produzione cinematografica significa anche parecchio stress tra la stesura della sceneggiatura, la scelta delle location e i piani di lavorazione. Perché poi ci sono anche i concerti e la famiglia da non perdere di vista. Insomma, non vorrei andare completamente in tilt » . Eppure sono in tanti a voler rivedere su un set il regista Luciano dopo 14 anni dal suo secondo e ultimo film. E ipotizzare di fare nuovamente coppia con Stefano Accorsi potrebbe aiutare a sciogliere i dubbi? « Lui sarebbe perfetto » , ammette il rocker. « Innanzitutto perché è un professionista che stimo sempre di più e il profilo del protagonista della storia gli calzerebbe a pennello. Inoltre con lui avrei la strada dell’intesa spianata, visto che nel 1998 abbiamo già lavorato insieme con successo in Radiofreccia. Ci sono tanti pro, è vero. Ma i contro non mi hanno ancora abbandonato del tutto. Sono attratto dall’idea, però non voglio dare niente per scontato » . In attesa che l’ipotesi del film prenda corpo, c’è da accompagnare nella crescita il nuovo album, « il mio progetto più ambizioso » , confessa Ligabue, lasciando trasparire una punta d’orgoglio nel tono della voce. Tanto è impensabile raccontare i colori di un quadro, quanto impossibile trovare le parole per tratteggiare il perimetro sonoro ( e non solo) di queste 14 canzoni. Tuttavia Ligabue prova a farlo lo stesso per condensare in poche battute il senso di Made in Italy: « É la vita che avrei potuto vivere se non avessi avuto successo; oppure è la storia di un altro me; o anche è una parte della mia esistenza » . Troppe interpretazioni personali. Meglio affidarsi al proprio istinto e seguire le tappe di questo personaggio che tutti chiamano Riko. Che guarda caso è il diminutivo di Riccardo, il secondo nome di Luciano.
Febbre creativa. Un Ligabue che si sdoppia, verrebbe da dire. Che si guarda allo specchio e che gioca a ping pong con l’altro da sé, entrando e uscendo dalla sua vita. Ma anche da quella di tanti italiani che alla stessa maniera di Riko hanno sbattuto la faccia contro un muro di delusioni, ma non per questo hanno rinunciato definitivamente a cercare l’indirizzo di Un’altra realtà, com’è intitolato il brano che chiude il disco. Album denso di suggestioni, malgrado sia stato composto in una manciata di giorni, una ventina in tutto. « Dopo l’ultimo Campovolo sono sparito e in circa tre settimane ho scritto tutti i brani. Tutti mi cercavano, ma io avevo bisogno di stare da solo per non lasciar sparire quella sorta di folgorazione che mi aveva colpito. Non so spiegare cosa mi sia successo. Ero euforico, mi sentivo febbricitante. Avevo l’urgenza di mettere nero su bianco la voglia di libertà, di verità. Una fase così intensa non mi è mai capitata prima » . Così come prima a Ligabue non era mai venuto in mente di dare fondo all’intera gamma dei generi musicali. InMade in Italy c’è di tutto: