Questione di Sangue La dieta dei gruppi è di moda, manonhariscontri scientifici
Differenti tipi di pesci, molluschi, gamberi e ricci immersi nel ghiaccio: da quando la carne, soprattutto quella rossa, è stata messa sotto accusa perché contiene grassi saturi e colesterolo, il pesce è stato molto rivalutato. prescrizioni esagerate ( fino a 10 chili di pasta al mattino), è quello di Alberico Lemme di Desio, autore di una delle diete più discusse e scriteriate del momento, per la quale non contano le calorie, ma l’orario in cui si mangia. Il “genio” come lui si definisce, stando a quanto riferiscono i pazienti, ha fatto dei modi sgradevoli e maleducati la sua cifra, fin dall’accoglienza delle signore obese, con un « buongiorno cicciona » . Per noi medici le persone che vengono per curarsi sono “pazienti” a cui prestiamo cure e attenzioni. I modi bruschi e tranchant del dottor Lemme molto spesso scatenano risse mediatiche. Tutti e tre i regimi dimagranti sono accomunati dalla mancanza di dati scientifici internazionali validati e pubblicati; e Le diete iperproteiche di Lemme e Dukan continuano a
Peter D’Adamo è un naturopata americano dall’aria sportiva che non ha mai pubblicato una riga sulle riviste mediche internazionali accreditate. Seguendo le orme del padre James ha però inventato la dieta del gruppo sanguigno, seguita da stuoli di entusiasti che in tutto il mondo hanno comprato milioni di copie dei suoi libri. Questo nonostante gli studi scientifici abbiano a più riprese sottolineato la mancanza di prove di efficacia di questo regime alimentare, nato non tanto per dimagrire quanto per restare in salute: l’ultimo, un’indagine su PLOS One su poco meno di 1.500 persone, sostiene che non ci sia una correlazione fra la dieta del gruppo sanguigno e benefici clinici reali, per esempio sui fattori di rischio cardiovascolari. Secondo D’Adamo invece non rispettare le “richieste” alimentari connesse all’avere un sangue di tipo 0, A, B o AB espone al sovrappeso e soprattutto a danni per la salute, facilitando la comparsa delle malattie a cui ciascun gruppo sarebbe più predisposto. Il naturopata sostiene che i diversi gruppi sanguigni si sarebbero differenziati nel corso dell’evoluzione e sarebbero correlati a una differente capacità di tollerare i vari alimenti, strettamente connessa alla storia e alla dieta dei nostri antenati: il gruppo 0 per esempio, il più diffuso e antico risalente alle tribù di cacciatori e raccoglitori, trae i maggiori vantaggi da carne e piatti proteici ma dovrebbe eliminare cereali e latticini che potrebbero dare problemi digestivi; il gruppo A, sviluppatosi con le prime comunità di agricoltori in Europa e Asia, sta meglio se segue una dieta vegetariana e sceglie il biologico, perché ha un sistema immune più delicato; il gruppo B, comparso in India e Mongolia fra i nomadi allevatori, “fiorisce” mangiando latticini e carni di agnello, coniglio, pecora e deve invece evitare il pollo e i pomodori; il gruppo AB ha caratteristiche intermedie e può mangiare soprattutto pesce, latticini e verdure. Tutto dipenderebbe dalle lectine, proteine presenti in svariati alimenti in grado di reagire con le nostre cellule; quelle del sangue, ma anche del rivestimento dell’intestino o di altri organi, esprimono proteine diverse in base al gruppo sanguigno di appartenenza e se queste sostanze di superficie non sono “adatte” alle lectine di uno specifico cibo l’incontro fra le due è fonte di guai. Si verificherebbe infatti una “reazione di rigetto” dovuta a una sorta di intolleranza che, oltre a rendere più facile l’accumulo di chili di troppo, comprometterebbe pure la salute di alcuni organi-bersaglio, dai reni all’intestino, fino a cuore e vasi: ogni lectina avrebbe infatti un obiettivo preciso su cui far danni, per esempio nelle persone di gruppo 0 le lectine del glutine ridurrebbero l’attività dell’insulina, favorendo lo sviluppo del diabete. A oggi però non ci sono prove che le intolleranze dipendano (solo) da questo: l’ipersensibilità al glutine per esempio è equamente divisa fra tutti i gruppi sanguigni e pare riduttivo ascrivere le intolleranze al tipo di sangue, senza contare i rischi di carenze nutrizionali possibili con l’eliminazione di intere categorie di alimenti.